Giornata calda a Roma

9 luglio 2023

Giornata calda a Roma

di Domenico Santoro
componente del Comitato direttivo centrale dell’Anm


Giornata calda, ieri, a Roma. 


La saletta Anm, con giornalisti e operatori televisivi, sembra ancora più piccola di quel che è. 
C'è attesa. 

 


C'è attesa per sapere se, e come, l'associazione dei magistrati risponderà alle accuse di 'ingerenza' che la politica muove ai giudici (non solo alle toghe rosse delle Procure, come in passato) dopo le ultime vicende di cronaca, che hanno interessato esponenti della stessa politica. 


Il presidente Santalucia, con la sua relazione introduttiva, con tono pacato, garbato, silenzia ogni accusa, ribadendo quel che è (o dovrebbe per tutti essere) ovvio: i giudici non fanno politica, fanno il loro lavoro, sempre, anche quando farlo può essere urticante per la politica. 


Dopo la relazione di Peppe Santalucia, che ha avuto (giusto) risalto su tutti i media, si apre il dibattito in CDC. 
Su nostra proposta è stato approvato, all'unanimità, il documento che riporto: 


<<L’ANM, a seguito delle numerose prese di posizione di esponenti della maggioranza governativa, alcune diffuse nella forma della “fonte ministeriale”, condivide i principi espressi in apertura della seduta del CDC dal Presidente Giuseppe Santalucia. 
Il fatto che un giudice controlli l’azione del pubblico ministero non solo quando egli esercita l’azione penale e quella cautelare, ma anche quando intenda chiedere l’archiviazione, costituisce esercizio di un potere strettamente connesso alla tutela dei diritti e degli interessi pubblici presidiati dalle norme penali ed è garanzia dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. 
Le prese di posizione, che si susseguono in questi giorni censurando i provvedimenti di un giudice, sono incomprensibili, specie laddove provengano da chi propone, nello stesso tempo, di affidare a tre giudici invece che a uno la valutazione delle richieste di misure cautelari. Quando invece la richiesta del pubblico ministero va nella direzione auspicata, allora il giudice non serve più. Prima si auspica la separazione delle carriere perché i giudici sarebbero subalterni ai pubblici ministeri, poi si insorge quando un giudice si discosta dalle loro richieste. 
E se queste posizioni provengono dal Ministero della Giustizia l’incomprensibilità lascia posto allo smarrimento. 
Dobbiamo sperare che queste prese di posizione siano frutto di una lettura affrettata della vicenda processuale, che non siano veramente condivise dal responsabile del dicastero e dalla maggioranza governativa e che alcuni giorni di riflessione possano condurre a conclusioni più meditate. 
L’ANM ribadisce con convinzione che l’architettura costituzionale che disegna la separazione dei poteri dello Stato è garanzia dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e della tutela dei diritti fondamentali di fronte a ogni potere. 
Si tratta dei fondamenti dello stato di diritto e della democrazia costituzionale al cui presidio sono poste anche la magistratura e l’esercizio della giurisdizione.>> 

Siamo lieti che, dopo le accuse provenienti da una 'fonte' (credo sia un novum nel settore...), l'intera magistratura associata abbia con noi condiviso la necessità di una ferma risposta ad accuse che sembrano, piuttosto, il tentativo di voler mettere a tacere il contributo della Anm, la cui voce è la voce di chi tutela il ruolo della magistratura al servizio della tutela dei diritti. 


E, proprio a tutela di questa voce, è stato approvato un documento, proposto da Luca Poniz, che ribadisce il senso stesso dell'esistenza della nostra associazione e come nessuno possa pensare di silenziarne il contributo. Ne riporto la parte finale, particolarmente efficace: 
<<Ecco perché non rinunceremo mai a far sentire la nostra voce; ed ascoltarla, da parte di chi ha poi la responsabilità di compiere le scelte come espressione della sovranità popolare, è, per noi, indice, e dimostrazione, della qualità della democrazia>>. 


Il dibattito si è poi concentrato sul DDL n. 39, la (nuova) riforma in materia di abolizione dell'abuso di ufficio, modifiche del reato di traffico di influenze illecite, e in materia di misure cautelari, inappellabilità delle sentenze di assoluzione da parte del p.m., pubblicazione delle intercettazioni. 
L'ennesima riforma in materia penale, insomma.... 
Dopo l'esposizione dei lavori della commissione V della nostra associazione, MI ha proposto un emendamento alla relazione, nella parte in cui la Commissione aveva citato giurisprudenza europea sul ruolo della pubblicazione (anche) delle intercettazioni per le esigenze di informazione. Io ed altri abbiamo replicato, ricordando le previsioni della riforma Orlando in materia, ricordando che il controllo della stampa è controllo essenziale in una democrazia. 


Il dibattito è proseguito sulla proposta, avanzata da Md e Area, di approvare un breve documento che ribadisse le perplessità della magistratura di fronte al Ddl 39, iniziativa che rischia di allontanare l'Italia dai paradigmi normativi internazionali in materia di contrasto alla corruzione e che può provocare un devastante impatto sugli uffici, per effetto della previsione del Gip collegiale, nell'assenza di ogni adeguata previsione organizzativa. 
Il testo ha registrato ...l'imbarazzo di MI, che ha proposto emendamenti che, se accolti, avrebbero 'sfumato' la valenza delle riflessioni della Anm. 
Lascio a voi ogni opportuna riflessione sul perché di questo imbarazzo, poi tradottosi in un voto di astensione (che quell'imbarazzo rappresenta perfettamente). 


Riporto il testo del documento approvato: 
<<L’ANM, rinviando al parere espresso dalla propria Quinta Commissione, non può non sottolineare che il DDL n. 39 – Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento giudiziario – induce forte preoccupazione sotto diversi aspetti. 
Le propugnate novità legislative in materia di abolizione del reato di abuso di ufficio si pongono in contrasto con l’indirizzo politico perseguito a livello internazionale, consistente nel potenziamento degli strumenti di prevenzione e repressione della corruzione, ed espongono l’Italia al rischio di procedure d’infrazione. 
La riformulazione del delitto di cui all’art. 346 bis c. p., poi, finirebbe con il rendere leciti comportamenti pericolosi per la formazione delle decisioni della pubblica amministrazione, suscettibili di inquinare il processo decisionale e la comparazione degli interessi attinti dall’esercizio del potere pubblico. 
Le innovazioni in materia cautelare, incentrate sul c. d. interrogatorio preventivo, rischiano di determinare evidenti difficoltà di attuazione del controllo del giudice sull’iniziativa cautelare del requirente specie nei procedimenti cumulativi ed avranno un effetto devastante sugli uffici. 
La previsione di un organo collegiale deputato all’adozione delle misure custodiali appare di difficile attuazione già nei grandi tribunali e sarà pressoché impossibile da gestire negli uffici medio – piccoli, al netto dell’aumento esponenziale delle ipotesi di incompatibilità che, inevitabilmente, ne conseguiranno e, quindi, dell’allungamento dei tempi del processo, in chiara violazione degli obiettivi del PNRR. Il ricorso alle cosiddette tabelle infra-distrettuali, poi, è strumento che non tiene conto di difficoltà operative fin troppo evidenti non solo quanto alla gestione di ogni fase relativa alla misura cautelare ma anche, se non soprattutto, alla funzionalità dei singoli uffici dei magistrati applicati al collegio, chiamati a spostarsi da una sede all’altra, trascurando le urgenze del proprio ufficio. 
L’intervento sulla limitazione del potere di appello del P. M., anche alla luce dell’ampliamento delle ipotesi di giudizio a citazione diretta previsto dalla riforma Cartabia, data l’ampiezza del divieto di impugnazione rischia di entrare in frizione con i principi scolpiti nella sentenza della Corte Costituzionale n. 26 del 2007, che già si pronunciò sulla precedente legge cd. Pecorella, sostanzialmente nel medesimo senso. 
L’ANM auspica che, anche all’esito di un opportuno confronto con tutti gli operatori del diritto, le preannunciate modifiche siano oggetto di rimeditazione alla luce delle criticità così sinteticamente esposte>>.


L'Anm, insomma, non rinuncia a dare il suo contributo, non rinuncia a segnalare ogni criticità che possa mettere a rischio la tutela dei diritti o il buon funzionamento del nostro servizio.


Oggi si procede con gli ultimi (si spera...) procedimenti disciplinari, sui quali mi piacerebbe che riflettessimo assieme, prima o poi. 


Vi lascio alla vostra domenica e mi preparo a raggiungere Silvia e Stefano 


Un abbraccio 
Mico Santoro 

 

09/07/2023

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