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Domani potrebbe essere qualunque magistrato
Il Consiglio superiore della magistratura ha deliberato di non riconoscere la settima valutazione di professionalità a Emilio Sirianni.
Valutazione che il Consiglio superiore della magistratura ha esplicitato di avere adottato «nell’esercizio della propria insindacabile discrezionalità valutativa».
Intendiamo sindacare l’insindacabile.
I motivi della decisione risiedono nella (ritenuta) mancanza delle indispensabili «doti di equilibrio e indipendenza che dovrebbero costantemente connotare la condotta del magistrato».
Le (pretese) ragioni sono note: Emilio Sirianni “paga” le conseguenze del suo rapporto amicale con Domenico Lucano, il suo offrire all’amico Lucano consigli per la sua attività a supporto dei migranti, il suo conforto morale, la sua promessa di impegnarsi per promuovere un movimento di opinione a suo favore. Il tutto è emerso grazie ad attività di intercettazione telefonica – cui era sottoposto Lucano – nel corso delle quali Emilio Sirianni ha anche avuto il torto di esprimere commenti molto aspri, propri di una conversazione privata tra amici, sulla professionalità di un magistrato.
Per questi fatti Emilio Sirianni è stato sottoposto a: (1) procedimento penale (archiviato); (2) procedimento volto ad accertare l’eventuale incompatibilità ambientale ad esercitare le funzioni nel distretto di Catanzaro (insussistenza dei presupposti); (3) procedimento disciplinare (definito con assoluzione); (4) procedura di non conferma nell’esercizio delle funzioni semidirettive (a dispetto dei risultati raggiunti: il Consiglio Giudiziario del distretto evidenziava un magistrato dotato di “eccellente capacità organizzativa e direttiva che, con impegno, sobrietà e rigore ha eliminato le pendenze della sezione lavoro da lui diretta”).
Mettiamo in fila pochi aspetti: (1) Emilio Sirianni non è un giudice penale; (2) Emilio Sirianni non lavora nel distretto nel cui ambito territoriale Lucano era indagato; (3) Emilio Sirianni non ha “avvicinato” i magistrati che si occupavano del caso di Domenico Lucano; (4) Emilio Sirianni ha espresso i propri giudizi negativi su un collega nell’ambito di una conversazione privata con un amico (e destinata a restare privata, quantomeno nelle intenzioni degli interlocutori); (5) Emilio Sirianni, allorché si è attivato a promuovere un movimento di opinione favorevole all’attività di Domenico Lucano, ha esercitato una libertà costituzionale (e forse più d’una: diritto di manifestazione del pensiero; diritto di critica; diritto di partecipazione alla vita democratica, e via di seguito).
La decisione del Consiglio è allarmante. Lo è per più di una ragione che riguarda tutti i magistrati italiani.
Si tratta di una valutazione di professionalità che omette di valutare il lavoro giudiziario – a partire dalla qualità dei provvedimenti per finire alla capacità organizzativa – per concentrarsi sulla vita privata del magistrato.
È stato attribuito rilievo a conversazioni private e tali destinate a restare, che in nessun modo hanno interferito con le indagini in corso, né con l’attività professionale di Emilio Sirianni la cui rilevanza esterna, peraltro, era stata esclusa dalle Sezioni Unite in sede disciplinare.
È un precedente pericoloso per tutti i magistrati italiani, che rischiano di essere bloccati nelle progressioni di carriera per le loro scelte di vita privata e non per il vaglio negativo dell’attività che svolgono nell’aula. Sotto questo profilo, desta preoccupazione, sul piano del metodo, il modo con cui molti componenti del Consiglio hanno interpretato il loro ruolo: un CSM polarizzato in due schieramenti contrapposti, con l’intero Comitato di Presidenza che si mostra incapace di esprimere una posizione quando a essere in gioco è la stessa indipendenza dei magistrati.
Suona sinistro – quasi evocativo di uno stigma che colpisce Emilio Sirianni in conseguenza della sua militanza nell’associazionismo giudiziario – l’insistito riferimento alla sua appartenenza a Magistratura democratica. Soprattutto, preoccupa la stigmatizzazione dell’appassionata partecipazione – al di fuori dell’esercizio delle funzioni (ché, su quelle, nessuno ha sollevato obiezioni) – a un progetto di solidarietà sociale. È una profonda ingiustizia che il Consiglio superiore della magistratura fa a Emilio Sirianni.
Lo ribadiamo, è anche un messaggio pericoloso per tutta la magistratura: state buoni. Non date problemi. Tenetevi al riparo dalla società. Tornate nella torre eburnea. Soprattutto, non disturbate il potere costituito, qualunque sia il suo colore. E, se avete dei pensieri, teneteli per voi. I pensieri sono pericolosi. La passione sociale è pericolosa. La partecipazione alla discussione democratica (e, dunque, alla vita politica, non necessariamente partitica) è pericolosa.
Oggi il CSM ha scritto una brutta pagina di una storia sbagliata e si assume il rischio di riportare la magistratura indietro di sessant’anni, prima del disgelo costituzionale.
Un disegno al quale Magistratura democratica si opporrà con convinzione non per sé stessa o per i propri appartenenti, ma per tutti i magistrati italiani.
Domani Emilio Sirianni potrebbe essere qualunque magistrato della Repubblica. Per questo, oggi, siamo tutti Emilio Sirianni.
L’Esecutivo di Magistratura democratica
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