Penale
I crimini internazionali come questione prioritaria e qualificante
Il 16 marzo 2023, il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge per l’introduzione di un codice dei crimini internazionali, teso a dare attuazione agli obblighi assunti con lo Statuto di Roma, istitutivo della Corte penale internazionale.
La Commissione per elaborare un progetto di Codice dei crimini internazionali (conosciuta come Commissione Pocar Palazzo) era stata istituita nella precedente Legislatura, presso il Gabinetto della Ministra della giustizia, con decreto ministeriale 22 marzo 2022 e ha tenuto una riunione di insediamento, il 31 marzo 2022, e due riunioni plenarie, l’11 e il 24 maggio 2022.
I lavori della Commissione sono stati articolati in sei sottocommissioni corrispondenti a sei temi di lavoro: 1) la giurisdizione e la competenza; 2) gli istituti di parte generale; 3) il genocidio e i crimini contro l’umanità; 4) i crimini di guerra e di aggressione; 5) le sanzioni; 6) le immunità.
Si era così pervenuti alla predisposizione di un testo unificato a cura dei Presidenti delle sottocommissioni, che era stato poi sottoposto all’esame analitico della Commissione plenaria nella sua riunione del 24 maggio, mediante discussione articolo per articolo, e quindi, all’esito dei lavori, era stato consegnato al Ministero con una relazione esplicativa.
Un tema fondamentale affrontato dalla Commissione, e recepito nella proposta di testo unificata, era quello del crimine di genocidio e dei crimini contro l’umanità.
In tema di genocidio, la Commissione aveva introdotto significative innovazioni rispetto al quadro tradizionale, ad esempio in ordine al novero dei gruppi protetti: se da un lato, infatti, era stata riproposta la formulazione della Convenzione del 1948, del resto già ripresa dallo Statuto di Roma e dall’art. 604 bis del codice penale, dall’altro lato era stato aggiunto il gruppo linguistico, altrimenti privo di tutela, ed era stata anche prevista la fattispecie di genocidio culturale.
Altra innovazione fondamentale era stata l’aggiunta della fattispecie di costrizione ad atti sessuali di appartenenti a un gruppo protetto, in linea con la giurisprudenza internazionale sul punto e soprattutto in ragione dell’esigenza di dotare la giurisdizione internazionale penale di un efficace strumento contro i Gender based crimes che, come abbiamo visto anche nell’ultimo drammatico anno con l’aggressione russa contro l’Ucraina, rappresentano tuttora una esiziale e indegna modalità di aggressione ai popoli e in particolare contro le donne le quali, proprio nell’ambito dei conflitti e dei genocidi, vengono fatte oggetto di uno “sterminio nello sterminio” e sistematicamente vittimizzate da violenze sessuali organizzate e dalla separazione forzata dai propri figli e figlie, che vengono deportati nel paese aggressore.
Peraltro, proprio la deportazione dei bambini e delle bambine è il capo d’accusa in base al quale la Pre-Trial Chamber II presso la Corte penale internazionale ‒ secondo le notizie che sono state diffuse dalla stessa Corte ‒ ha emesso ieri, 17 marzo 2023, un Mandato d’arresto nei confronti di Vladimir Putin e di Maria Lvova-Belova.
Per quanto invece riguarda i crimini contro l’umanità, la Commissione si era orientata nel senso di una maggiore tipizzazione delle disposizioni incriminatrici a livello di struttura tipica, di offensività (anche nella sua versione anglosassone dell’Harm principle) e delle relative sanzioni, con un elemento unificante individuato nella partecipazione di tutte le condotte a un attacco esteso e sistematico contro una popolazione civile (il c.d. “elemento di contesto”).
Non solo, la Commissione aveva anche adottato l’assoluta innovazione di prendere in considerazione il ruolo degli attori economici nella commissione dei crimini internazionali (la c.d. Business complicity), attingendo dalla disciplina legislativa in materia di responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche, di cui al decreto legislativo n. 231 del 2001.
Le Agenzie di stampa che si stanno diffondendo (non è ancora disponibile un testo ufficiale) danno tuttavia atto che il Consiglio dei ministri, nel licenziare il disegno di legge, avrebbe sorprendentemente deciso di stralciare, ai fini dell’elaborazione di un ulteriore disegno di legge (senza alcuna definizione di tempi certi), l’intero settore dei crimini contro l’umanità e il crimine di genocidio.
Sarebbero stati inoltre introdotti, modificando il progetto elaborato dalla Commissione, limiti alla giurisdizione ordinaria nell’ambito del riparto con la giurisdizione militare, così proseguendo nella pericolosa tendenza, che si è già evidenziata in altri settori del diritto umanitario, della progressiva sottrazione alla giurisdizione ordinaria della tutela dei diritti fondamentali. E sarebbe stata esclusa anche la responsabilità degli enti.
Se queste notizie fossero confermate, saremmo di fronte a un grave errore e a un significativo passo indietro rispetto al tentativo che l’Italia, seppure con molto ritardo nel panorama internazionale, aveva intrapreso per allinearsi al progetto di una giurisdizione universale sui crimini internazionali e contro l’umanità.
Il principio al quale anche lo Stato italiano dovrebbe finalmente ispirarsi, e che dovrebbe tradurre in norma e in Law in action, è che nessuno può compiere crimini contro i diritti universali della persona umana restando impunito.
E per questo dobbiamo dotarci di strumenti legislativi adeguati a contrastare la persistente pretesa delle Sovranità nazionali di ritagliarsi zone franche e di impunità nella commissione dei crimini internazionali, fra i quali il genocidio, che ledono nella maniera più grave i diritti umani e restituiscono il senso stesso del diritto umanitario.
Ci auguriamo che il dibattito parlamentare offra tempi e modi per ripensare questa opzione di segno chiaramente regressivo.
L'esecutivo di Magistratura democratica
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