La riforma costituzionale

Il cuore della riforma riposa sulla perdita di autorevolezza della componente togata del Csm, a favore di quella politica.

D’ora innanzi, a fronte degli attacchi smodati alle persone dei magistrati, a cui ci hanno abituati politici e media, insoddisfatti da decisioni giudiziarie sgradite, non ci sarà più un Csm capace di tutelare i giudici che hanno emesso quei provvedimenti. Il rischio di giudici più timorosi e perciò meno autonomi e indipendenti è, dunque, concreto, con la conseguente minore tutela dei diritti.

A fronte di questa concreta eventualità, nessun beneficio verrà ai cittadini in termini di efficienza e qualità del servizio.

Insomma, un vero e proprio avventurismo costituzionale. Non più la Costituzione quale limite al potere del più forte, come perimetro entro il quale bilanciare i rapporti tra le istituzioni dello Stato, piuttosto un esperimento nel quale si chiede ai cittadini di confidare che la politica non esonderà dai suoi spazi, per asservire la magistratura a detrimento dei diritti e a favore delle esigenze contingenti di questo o quell’esecutivo.