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Lo sguardo dell’inizio: una ricerca sulla giovane magistratura - 17 maggio 20204, Reggio Calabria


È partito da Reggio Calabria, lo scorso 17 maggio 2024, il ciclo di presentazioni sul territorio nazionale del n. 4 del 2023 di Questione giustizia, la rivista trimestrale promossa da Magistratura democratica, dedicato interamente alla ricerca sulla giovane magistratura commissionata al Prof. Claudio Sarzotti ed al gruppo da lui coordinato facente capo al Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino. Una ricerca essenzialmente “qualitativa” che si è rivolta ad un campione di sessanta magistrati individuato tra coloro che hanno fatto ingresso tra il 2013 e il 2023, tramite una serie di interviste individuali e tre “focus groups” seguiti e coordinati dalla dott.ssa Costanza Agnella dello stesso Dipartimento.


La varietà di dati, di riflessioni e di spunti critici raccolta nel fascicolo della trimestrale è stata messa a confronto sin da questa prima occasione con le appassionanti ed appassionate impressioni dei partecipanti alle due tavole rotonde, organizzate anche in considerazione della specificità territoriale della sede che ha accolto questo debutto. Il primo degli argomenti non poteva non riguardare nello specifico il lavoro del magistrato, in quelli che efficacemente sono chiamati “uffici di frontiera”: non solo per collocazione geografica, ma per l’obbiettiva funzione di “avamposto” nel ruolo di tutela della legalità in territori particolarmente difficili. Altro dato di rilievo deriva dal fatto che, quanto più son difficili le condizioni di lavoro negli uffici giudiziari, tanto più in essi si registra la usuale, massiccia immissione di magistrati di prima nomina, necessitata da un frenetico turn over che di certo, malgrado i sacrifici e la dedizione dei singoli, non si addice all’obbiettivo di rafforzare l’efficienza del servizio. Si è così discusso, sul piano organizzativo, dei sistemi di incentivo che potrebbero servire a rallentare quantomeno il ritmo degli avvicendamenti; della evidente arretratezza nel considerare che il macroscopico aumento della presenza femminile tra i nuovi entrati porta con sé l’esigenza di sistemi oggettivi ed efficaci di gestione delle assenze per maternità; della necessità di una migliore razionalizzazione del sistema dei trasferimenti, capace anche di salvaguardare la tenuta del servizio nell’ufficio a quo.


Accanto ai profili di carattere più strettamente organizzativo – ordinamentale, non sono mancate le riflessioni che hanno riguardato le questioni più largamente di principio. La consapevolezza radicata nei giovani magistrati, quale peraltro già ben evidenziata dai risultati dell’indagine, riguarda la assoluta interdipendenza tra le adeguate condizioni del servizio, capaci di favorire una risposta di qualità alla domanda di giustizia del cittadino, e la concreta difesa delle prerogative di indipendenza e di autonomia della giurisdizione, che certo non si coniugano con la tendenza all’approccio meramente numerico alla “misurazione” del risultato dell’attività giurisdizionale. Non sono mancate osservazioni del tutto originali, di valenza generale, sul portato delle più recenti riforme processuali, in particolare in campo penale, con cui si sono addossati ai magistrati obblighi ulteriori circa il rispetto dei termini imposti e circa il dovere di motivazione anche in caso di mancata adozione di misure cautelari (vd. cd. “Codice rosso”). Si tratta di incombenti di assoluta novità che imprimono caratteri del tutto inediti allo svolgimento della funzione, rispetto ai quali occorrerà osservare se in qualche modo saranno in grado di incidere sullo stesso modo di intendere il senso della professione. In questo caleidoscopio di esperienze, di spunti, di dati di conoscenza, quello che è emerso con forza è e resta il forte attaccamento ad un ideale di indipendenza da influssi esterni e di autonomia da facili tentazioni a rinchiudersi nelle rassicuranti anse di una concezione meramente burocratica e funzionariale del proprio servizio.


La seconda tavola rotonda ha affrontato un tema nevralgico, eppure spesso trascurato, rispetto all’interrogativo “quale magistratura?” per il nostro Paese: quello della formazione universitaria e della necessità di un dialogo, e anzi, di una progettualità comune, tra istituzioni deputate alla formazione giuridica e alla sperimentazione di metodi di selezione dei neomagistrati. Anche in questo caso, il confronto è stato serrato e ricco di spunti, quali peraltro già ricavabili dalla lettura dei contributi pubblicati. L’esperienza comune, da parte di chi in Università opera e di chi prima di accedere ai ruoli della magistratura ha avuto modo di sperimentare l’attività accademica, è nel senso del bisogno di una diversa modulazione della formazione, non tanto perché essa si pieghi alla esigenza del sapersi misurare con il caso concreto, ma piuttosto perché attraverso lo studio teorico sappia fornire allo studente gli strumenti per una corretta e convincente argomentazione giuridica. Un tema a parte è rappresentato dalla necessità di rafforzare durante il corso di laurea l’esercitazione scritta, funzionale ad una migliore resa nelle prove di concorso. La comune esigenza è e resta, in ogni caso, quella di strutturare il corso di laurea come una palestra di ragionamento, capace di attrezzare lo studente ad affrontare nella sua vita professionale la necessità di inquadrare giuridicamente il caso concreto e di individuare la migliore soluzione per le questioni poste, piuttosto che come un asettico e meccanicistico percorso di acquisizione di nozioni tecniche.

27/05/2024

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