MAGISTRATURA DEMOCRATICA TRA IL
CENTRO E I TERRITORI.
Il congresso di Napoli si chiudeva con
un preciso mandato ad un esecutivo nato dal tentativo di superamento di una
fase critica in cui si potesse arrivare a tradurre l’UTOPIA di MD con le
esigenze concrete fortemente imposte dall’esterno
sul piano dell’efficienza e dell’organizzazione, dall’interno sul piano di un maggiore coinvolgimento di quei
magistrati che, pur accostandosi ad un percorso di elaborazione culturale
estremamente vicino alle idee fatte proprie da MD nel corso della sua storia,
contestualmente esprimevano riserve, anche legittime, a chiudere la propria
discussione all’interno di una opzione netta che si traducesse nell’iscrizione
ad una corrente.
Peraltro esperienze spontaneistiche dei
territori avevano dato segnali importanti sul fronte di un riconquistato valore
associativo e di un coinvolgimento nel lavoro all’interno degli uffici in cui
si andavano a coniugare – in termini di scelte tabellari, protocolli e prassi
virtuose – una politicita’ della giurisdizione tutta orientata alla realizzazione
di un modello funzionale capace di rispondere in modo tecnico e ragionevolmente
rapido alla costante richiesta di tutela.
Su una realta’ gia’ esistente –
pensiamo agli Osservatori – MD ha inteso rilanciare l’esperienza valorizzandone
i contenuti e gli effetti ,in primis sull’Associazionismo e l’Autogoverno,
concorrendo a mettere in campo tutta la propria elaborazione – in materia di
diritto del lavoro, immigrazione, questione morale, politicita’ della
giurisdizione – nel tentativo di offrire un luogo di reale aggregazione e
crescita della magistratura in punto di consapevolezza della funzione, e offrire a se stessa quello che per molto
tempo gli era mancato: il DIALOGO .
Due le linee direttrici seguite: da un
lato la formazione di una lista per CSM
e CDC ANM, a livello nazionale, l’altra
il rilancio dei territori cui e’ stato affidata di fatto la formazione di una
reale aggregazione culturale di AREA.
Proprio il passaggio sui territori credo sia
fondamentale, sia il nucleo centrale da cui partire per comprendere appieno
quella che oggi ci appare una Dissociazione, una Schizofrenia tutta interna ad
MD rispetto ad alcune delle tematiche piu’ discusse – prima fra tutte il ruolo
ed il futuro di e in AREA – su cui molti di noi sono su posizioni, NON DIVERSE,
ma addirittura CONTRAPPOSTE, quasi SPECULARI direi.
L’aver delegato e spostato
essenzialmente sui territori la capacita’ di tenuta di AREA, se da un lato ha
valorizzato e spinto quelle che erano realta’ embrionali gia’ positive,
dall’altro ha lasciato naufragare quelle realta’ in cui i tempi non erano
maturi e i due gruppi poco disponibili a scambi di lealta’.
Sicche’ quanto avveniva a livello
centrale verso l’Assemblea Nazionale di Area e la formazione di strutture di
coordinamento stabili e’ stato percepito in modo del tutto diverso a seconda di
quanto avanti fossero i singoli territori nell’esperienza di Area, di quanto
quell’esperienza fosse stata soddisfacente, di quanto fosse tornato indietro in
termini di investimento.
I “desiderata”
del documento che per comodita’ definiamo LIGURE e lo smarrimento che deriva dalle variegate posizioni milanesi ne
costituiscono l’espressione piu’ evidente.
Nel documento Ligure, di fatto, l’esperienza
di Area viene individuata come frutto di indebita anticipazione, priva di una
reale funzionalita’ a quelli che sono i dati
valoriali di MD, che in Area si disperdono o possono disperdersi: un
sostanziale richiamo di MD a fermarsi
nel percorso iniziato per ricompattare l’esperienza di fondo della sua
storia recuperando la sua funzione squisitamente politica rispetto ad una
giurisdizione che sia effettivamente dentro la societa’ civile, facendosi
carico dei suoi conflitti e proponendone reali soluzioni.
Da Milano
diversamente arriva una richiesta di riaffermazione di AREA in cui MD assuma un
ruolo centrale e soprattutto la
richiesta di una risposta su un percorso strutturato che non si esaurisca nè in
una confederazione territoriale nè in un una nicchia in cui lasciare la discussione
su autogoverno e valutazioni di professionalita’.
Pero’ anche i territori oggi, con una
virata sensibile rispetto al Congresso di Napoli, hanno perso di appeal : appaiono, anche questi, come un
pericoloso attentato al DNA di Magistratura Democratica, alla centralita’ – o
peggio a causa della incompiuta realizzazione – di un progetto politico di piu’
alto respiro che si va a disgregare nelle esigenze rappresentative delle
diverse realta’ locali.
Eppure in quel Congresso, tutta la
dirigenza aveva inteso investire sulle Sezioni rendendole protagoniste della
costruzione di una aggregazione dal basso, aveva creato una rete di
comunicazioni, progettato possibilita’ di intervento ad adiuvandum, proprio
nella consapevolezza che vi fosse una ricchezza di contenuti che andava
valorizzata e fatta propria da tutta MD.
Ma tant’e’.
Ci troviamo con analisi diverse e contrapposte di una stessa vicenda
e con la necessita’ di superare i pericoli di una confederazione territoriale.
Io non credo che la soluzione sia
quella di “CONSERVARE o ritirare SOVRANITA”, io credo che quello che serva sia una reale attivita’ di sintesi e
coordinamento dal centro ai territori, una attivita’ che sappia interpretare e
cogliere quello che succede nei territori e portalo all’interno dell’unica
esperienza di MD.
Se una Sezione – a questo punto parlo
della mia – organizza un Convegno sul “Femminicidio”, in cui mette intorno ad
un Tavolo Magistrati, civili e penali, di Merito e Cassazione, Giornalisti e
Psicolgi, per spiegare l’entita’ di un fenomeno e proporne soluzioni, non
soltanto in termini repressivi, ma soprattutto in termini preventivi e
culturali,credo che il primo pensiero dell’esecutivo dovrebbe essere quello di
appropriarsi del dato, di farlo crescere a livello esponenziale, di proporre la
pubblicazione degli atti di rilanciare la questione a livello nazionale e poi
proporre e verificare i termini di una elaborazione comune anche all’interno di
AREA: ecco e’ cosi’ che vedo i contenuti di MD arrivare ad AREA.
Ed ancora, se a Reggio Calabria, in
piena crisi dopo il caso GIGLIO, i magistrati di MD hanno il coraggio di andare
a discutere con la CGL
e LIBERA di Misure di Prevenzione Antimafia, e nonostante quanto accaduto
rilanciano – mettendoci la faccia – il proprio impegno e la propria
disponibilita’ alla lotta alla criminalita’ organizzata, io credo sia doveroso
da parte della Dirigenza farsi carico di quell’impegno, identificarsi con
quell’iniziativa e poi provare anche a coinvolgere i magistrati di Area: ancora una volta i contenuti viaggiano dal
territorio al centro, e dal centro ad Area.
Allo stesso modo e’ il Comitato
Esecutivo che deve assumersi la responsabilita’ di dare direttive ai territori
su alcuni snodi principali: su come andare ai CG, su come gestire i rapporti
con il CSM, come organizzare le Giunte Sezionali etc…
Una volta rafforzato il canale di
trasmissione di esperienze tra il centro e i territori, una volta che MD avra’
trovato parole semplici e chiare sui temi in discussione il passaggio in AREA
non e’ un pericolo ma una reale OPPORTUNITA’, cui oggi sento di aderire in modo convinto.
Un passaggio che non significa ne’
fusione ne’ dissoluzione ma possibilita’ di rielaborazione con altri di quei
contenuti, magari trovando solo alcuni punti in comune o nuovi punti in comune:
la scelta di quanto MD voglia investire in AREA e’ una scelta di paura o di
coraggio, di chiusura o di apertura, ed io ovviamente opto per la seconda.
Non si tratta di togliere, di chiudere o di escludere , si tratta di
investire, di mettere in circolo le idee, quelle che vanno ad arricchire e ad
accrescere un progetto politico che e’ gia’ esistente, e che ha al suo centro la POLITICITA’, ma anche
l’ETICA della GIURISDIZIONE, la capacita’ di leggere e interpretare la realta’
secondo un principio ermeneutico costituzionalmente impostato, ma di farlo
anche in modo ETICO, con scelte che si fondino sull’argomentazione razionale
piuttosto che sulla affermazione ideologica.
Parlare di etica, e non solo di
POLITICA della giurisdizione, ci consente
anche di affrontare senza troppi disagi i problemi che derivavano sia
dall’impegno politico del giudice sia dall’impegno del giudice in politica:
anche qui non e’ una questione di AN ma sempre di QUOMODO, non e’ in
discussione la possibilita’ del magistrato di partecipare al dibattito pubblico
su temi di rilevanza generale di cui sia portatore di una conoscenza di tipo
tecnico, ma e’ il profilo del COME che viene in discussione.
Non ho alcun dubbio sulla possibilita’
del Magistrato di partecipare al dibattito pubblico in materia di elaborazione
di strumenti idonei alla lotta alla corruzione, alla criminalita’ organizzata,
alla deviazione economica e quant’altro, ma certo i dubbi sono diversi e molti
sui termini di un concreto impegno politico, sul come, sul quando e sul
successivo rientro in ruolo nell’intento di conservare quella legittimazione
che va di pari passo con l’imparzialita’ sostanziale.
Sul punto l’articolo scritto da
Giuseppe Cascini su Questione Giustizia, per analisi e completezza, costituisce
una base di partenza stabile per concorrere all’elaborazione di regole, che consentano, piu’ che limitare,un
eventuale impegno diretto in politica di un magistrato, che voglia farlo senza
strumentalizzare il lavoro svolto e senza sentirsi immediatamente
delegittimato.
Tutto questo, io credo, possiamo farlo
con coraggio e con impegno tenendo insieme Area e i territori, la Magistratura e la Societa’ Civile, la
giurisdizione e la funzione di politica costituzionale con una operazione non di compromesso ma di
traduzione in modo chiaro e netto, ove possibile, dei nostri valori.
Tiziana Coccoluto