Il 13 ottobre 2024, su iniziativa della Sezione Toscana di Magistratura democratica, si è svolta una visita presso l’Istituto penale minorile “Meucci” di Firenze.
L’iniziativa si inserisce nel più ampio contesto di sensibilizzazione e conoscenza del “mondo carcere” che tutti i cittadini, ma soprattutto tutti i magistrati, dovrebbero avere: perché a volte non basta parlare di carcere, se non lo si vede.
Hanno partecipato magistrati, avvocati, praticanti, tirocinanti e appartenenti alla sezione di polizia giudiziaria presso la Procura minorile.
Non abbiamo potuto visitare, per decisione del Dipartimento della Giustizia minorile, la zona delle celle, le docce, il Centro di prima accoglienza (ove vengono inseriti i soggetti arrestati o fermati fino alla convalida), la mensa (che si trova all’interno del Cpa).
Le aree che abbiamo attraversato si caratterizzavano per una ottima manutenzione con arredi nuovi, pareti imbiancate, stanze ampie e luminose, decorate con i quadri realizzati nel corso del tempo dai detenuti.
Siamo stati ricevuti dal Comandante del Corpo di Polizia penitenziaria e dal Responsabile dell’Area educativa, che hanno spiegato le particolarità del regime detentivo minorile, sia sotto il profilo della prima accoglienza (che avviene mediante colloqui a cui non partecipa il difensore, come fatto notare da alcuni partecipanti), che sotto quello della vigilanza.
Sono stati inoltre illustrati gli altri servizi di supporto sanitario e sociale, e cioè la presenza di una infermeria, di psicologi e di neuropsichiatri (seppure con un monte ore non del tutto sufficiente).
Il responsabile dell’area educativa è comunque riuscito a ben rappresentare la consapevolezza che l’esperienza carceraria è una situazione transitoria nella vita dei ragazzi, e dunque come il sistema nel complesso sia finalizzato, proprio da quel primo colloquio, alla conoscenza del minore, presupposto indispensabile per la individuazione di un progetto che porti quanto prima possibile alla dimissione in contesti di vita più tutelanti e più strutturati rispetto a quelli che hanno contribuito all’ingresso in carcere.
E’ stata evidenziata la carenza di personale di custodia.
L’IPM “Meucci” accoglie al momento 23 detenuti (su 17 posti); nel recente passato ha raggiunto anche i 27 detenuti. La popolazione è soltanto maschile: per le ragazze è possibile un inserimento nel Centro di prima accoglienza, tra l’arresto o il fermo e la convalida: gli Istituti penali minorili femminili più vicini sono a Pontremoli o a Roma.
La popolazione è formata sia da definitivi, che da soggetti in custodia cautelare.
Possono permanere nell’Istituto minorile anche soggetti ormai maggiorenni, fino al venticinquesimo anno di età, se detenuti per reati commessi da minorenni, a condizione che non siano già stati detenuti in carcere per adulti e non tengano condotte tali da pregiudicare le attività rieducative degli altri detenuti.
I detenuti passano in cella soltanto le ore notturne, da dopo la cena fino alla sveglia: il resto del tempo è passato in aree comuni, laboratori, palestra o mensa.
L’istituto dunque vede problemi di sovrappopolazione carceraria che, sebbene non drammatici come in altri istituti di pena, di fatto hanno pesanti conseguenze sul trattamento detentivo, ed in particolare:
il rapporto tra educatori e detenuti è giocoforza alterato;
non è possibile tenere separati i detenuti in regime cautelare dai detenuti in regime definitivo;
non è possibile assicurare una separazione effettiva per fasce di età.
Si tratta di elementi di criticità di non poco momento, se si tiene presente la fascinazione che, specie in età adolescenziale, si può provare verso figure devianti e più adulte, con un effetto di copying tale da poter pregiudicare i percorsi rieducativi.
Altra importante criticità concerne la presenza di un cantiere per lavori di ristrutturazione, fermo ormai da molti anni, che di fatto dimezza gli spazi a disposizione dei detenuti per attività educative e di socializzazione.
Abbiamo potuto vedere le aule per i percorsi scolastici, quelle per la musicoterapia, quelle per il laboratorio di arte: per quanto ben mantenute e con dotazioni di ottimo livello (per lo più provento di donazioni) si tratta in tutti i casi di stanze anguste, che di fatto limitano la fruibilità dei percorsi.
Vi è poi un laboratorio di cucina, pienamente funzionante ma al momento non utilizzato per carenza di progetti.
Ulteriore criticità attiene infatti alle procedure per l’attuazione di progetti in favore dei minori detenuti che, ben al di là delle esigenze di sicurezza, scontano procedure burocraticamente complesse che di fatto limitano di molto la possibilità di attivare concretamente percorsi di educazione, preparazione e scolarizzazione.
Infine, è stata evidenziata la carenza di strutture comunitarie (sia educative che penali) che possano costituire un ideale tramite tra la carcerazione e il reinserimento nella società di soggetti che, proprio in ragione della loro minore età (ma anche per la alienazione dovuta alla carcerazione) non godono di solito di una valida rete di supporto all’esterno.
La carenza di Comunità terapeutiche, e la difficoltà di raccordo tra enti deputati all’individuazione, prolunga ingiustificatamente la permanenza in carcere di soggetti con caratteristiche, psichiatriche o di dipendenza, poco compatibili con il carcere, con successivo effetto valanga quale la commissione di agìti auto- o eterolesivi, la collezione di nuove denunce, i trasferimenti in strutture carcerarie distanti dal luogo in cui si trova la famiglia.
La carenza di Comunità educative fa sì che i posti si liberino in Comunità lontane dal tessuto di vita del ragazzo: circostanza che talvolta è opportuna – per la recisione dei legami devianti – ma che in molti casi porta alla difficoltà di mantenere legami affettivi (famiglia, partner) con conseguente maggiore probabilità di allontanamento dalla struttura e fallimento del percorso.
Sono in progetto ulteriori visite alle strutture detentive del territorio, in particolare alla Rems femminile di Empoli, di cui daremo informazione.
Il Segretario della sezione Md Toscana Filippo Focardi