"La necessità di una netta cesura nell'autogoverno, per mantenere il diritto di parola" - Mozione presentata da Marco Patarnello e Valerio Savio

 

La necessità di una netta cesura nell’autogoverno, per mantenere il diritto di parola 

 

Il XXIII Congresso di Magistratura Democratica si svolge mentre la Magistratura vive la sua più grave crisi di legittimazione in epoca repubblicana. 

Una crisi che nasce dall’emersione di gravissime opacità e distorsioni nella gestione delle funzioni del governo autonomo ed in particolare in quelle inerenti le nomine dei dirigenti e le carriere dei magistrati, ma anche, ed è ancor più grave, da sempre più numerosi episodi di corruzione in atti giudiziari, e per ultimo, e seppure su un piano evidentemente totalmente diverso, da sempre più diffuse cadute deontologiche e di professionalità, financo nella comunicazione , che fanno dubitare che il livello di responsabilità culturale e professionale di molti magistrati sia all’altezza delle funzioni ricoperte. Il tutto, con sullo sfondo una crescente deriva burocratica.

Di fronte alla pubblica opinione non è oggi sufficiente sottolineare che la corruzione dei magistrati emerge nella quasi totalità dei casi perché sono altri magistrati a scoprirla, che le correnti non possono essere chiamate a rispondere anche di illiceità o distorsioni che hanno altre origini, o evidenziare che gli avversari di sempre di una giurisdizione indipendente e capace di controllare i poteri pubblici e privati approfittano di tale situazione, per proporre in modo strumentale e con approccio vendicativo soluzioni di riforma che non risolvendo alcuno dei problemi veri in campo, avrebbero solo l’effetto (da sempre da più parti auspicato) di indebolire e marginalizzare definitivamente il controllo di legalità.

Anche se tutto ciò è vero ed è davanti agli occhi di chi mantenga onestà intellettuale, per dei magistrati in Congresso nell’anno 2021, e soprattutto per dei magistrati che vogliono tuttora aggregarsi in una “corrente” e addirittura rilanciarla, il quadro non cambia: se è vero che anche giuristi espressione della migliore cultura democratica e costituzionale possono scrivere, e ritengono doveroso dire, che “le correnti”, senza distinzione, “compromettono il buongoverno della magistratura”, che “attraverso le correnti passano traffici politici ed affaristici”, “scambi di favori a vantaggio dei propri aderenti e a svantaggio dei magistrati che non hanno né cercano la loro protezione”, ogni discussione congressuale non può oggi che partire dalla crisi di legittimazione del governo autonomo , dell’associazionismo e delle “correnti”. 

Sia chiaro: Magistratura Democratica, nel momento in cui il mantra da ripetere dentro e fuori della Magistratura è che tutto sarebbe da buttare, rivendica il valore che ha avuto storicamente l‘associazionismo giudiziario e la sua forma storica correntista, dagli Anni Sessanta e per decenni, nel dare sostanza culturale e politico-istituzionale al governo autonomo, nel far crescere ed evolversi nel pluralismo la cultura professionale dei magistrati in adesione al ruolo disegnato dalla Costituzione, nell’affiancare e nello stimolare il CSM nella difesa della giurisdizione libera, indipendente e pienamente professionale. Se nell’anticipare spesso il legislatore nella tutela dei diritti, se nelle stagioni del contrasto ai terrorismi di ogni natura, alle “mafie”, alla sempiterna diffusa corruzione politica, la Magistratura ha saputo svolgere il suo ruolo con e tra le altre Istituzioni, se ha saputo essere parte rilevante delle Istituzioni democratiche fino a dover ripetutamente svolgere resistenza costituzionale ai ripetuti attacchi da più parti portati agli assetti ordinamentali della giurisdizione voluti dalla Carta del 1948,  lo deve anche all’associazionismo giudiziario ed alle ora famigerate “correnti”.

Ma questo non è il momento delle analisi storiche. Né quello di sottolineare che il carrierismo è fenomeno che non riguarda certo solo la Magistratura e che può evidentemente benissimo sopravvivere alle correnti. 

Di fronte all’attuale crisi, parlare d’altro sarebbe esiziale per l’associazionismo, nato, non dimentichiamolo, sul diritto dei magistrati a pubblicamente interloquire: perderebbe, appunto, il diritto di parola nel discorso pubblico. Come sta avvenendo, se non è già avvenuto.

Per mantenerlo, il diritto di parola, per rilanciare la credibilità della Magistratura – per i magistrati , uno strumento di lavoro, una precondizione per poter operare – riteniamo serva da parte dei magistrati, ed in particolare dai magistrati che vogliano proseguire l’esperienza dell’associazionismo e di una corrente, un segnale forte, percepibile come tale dai cittadini , ed anche da quella stragrande maggioranza di magistrati che lavorano con onestà, indipendenza, professionalità, estraneità alle degenerazioni del carrierismo e del correntismo, e che oggi sono disgustati e disorientati, e per nulla propensi a distinguere tra possibili diversi gradi di responsabilità tra i diversi gruppi.

E di fronte all’eccezionalità della crisi, deve trattarsi di un segnale fatto di cose concrete, e non di sole parole. 

Proprio perché della storia dell’associazionismo e delle correnti MD non vuole buttare il bambino insieme all’ acqua sporca, proprio perché resta legata all’idea dei magistrati che si associano in gruppo organizzato non quale luogo di costruzione di carriere e di potentati personali o quale comitato elettorale ma quale luogo di elaborazione collettiva della loro cultura professionale ed istituzionale, Magistratura Democratica ritiene che in questo momento sia su questo versante che debba essere spesa la sua ritrovata autonomia di azione.

Sul versante dell’elaborazione politico-culturale ed istituzionale.

Sul versante dei programmi e degli obiettivi del governo autonomo, non della sua quotidiana pratica in CSM. 

Se si vuole, sul versante della Politica, in senso lato, con la P maiuscola, non della clientelare politique politicienne delle nomine e delle carriere con cui le correnti tutte si sono troppo spesso trasformate in uffici di collocamento-ombra, con cui hanno purtroppo assecondato, blandito, incoraggiato, premiato la modestia etica di troppi magistrati. 

Per rilegittimare davanti ai magistrati, ed innanzitutto a quelli più giovani, sia il ruolo e la funzione del governo autonomo , sia il ruolo dell’associazionismo, MD ritiene che il segnale non possa quindi oggi che essere un segnale di distanza da quell’esercizio di potere che è divenuto il governo autonomo.

MD, quale che sia la legge elettorale con cui si svolgeranno, non presenterà sue candidature per il prossimo CSM. Invita gli altri gruppi a fare lo stesso. Lo farà comunque, anche restando sola.

Nella vita del governo autonomo disegnato dalla Costituzione, serve quello che si potrebbe definire un fermo biologico delle candidature di corrente, serve una cesura, una soluzione di continuità, una pausa di riflessione per una fase ricostituente del governo autonomo: ricostituente e non costituente perché MD ritiene che le cause della crisi della giustizia siano tante, tra le quali quelle riferibili ai magistrati, ma che tra esse non vi siano gli assetti costituzionali della giurisdizione.

MD contrasta con piena convinzione il sorteggio dei componenti del Consiglio, quale sistema contrario alla Costituzione, idoneo ad indebolire l’organo per la casualità e non rappresentatività della sua formazione che ne deriverebbe, quale sistema umiliante per i magistrati, e oltretutto anche inidoneo a risolvere i problemi posti dalle degenerazioni del correntismo. MD continua a credere che il CSM debba continuare a rappresentare , secondo il modello costituzionale, l’insopprimibile pluralismo culturale che c‘è e per fortuna sempre ci sarà tra professionisti intellettuali come i magistrati , e crede nel sistema elettivo, auspicando che il Parlamento cambi l’attuale pessima legge elettorale, di certo fattore non ultimo delle trasformazioni delle correnti in comitati elettorali e delle degenerazioni avvenute, e che torni alla prassi costituzionale di eleggere quali membri laici del Consiglio personalità di giuristi delle diverse aree culturali piuttosto che non professori ed avvocati già direttamente impegnati nella politica attiva, nei partiti, nelle Camere o in altri organi elettivi, con un ritorno alla Costituzione che pure contribuirebbe a rilanciare il prestigio e il protagonismo politico-istituzionale del Consiglio. 

MD in altri termini continua a rifiutare l’idea – che purtroppo trova malinconici seguaci anche tra i magistrati – per cui il CSM dovrebbe ridursi ad un Consiglio di amministrazione del personale.

Ma ritiene sia il momento (non di un passo indietro ma) di un passo di lato da parte delle correnti,  per dare un segno concreto alle dichiarate volontà di cambiamento, dando spazio ad una stagione diversa, utile anche ad avere la prova che la Magistratura dispone di forze ed energie in grado di rigenerare le prassi. 

MD naturalmente non si chiama fuori dall’autogoverno, sarebbe fuori della sua natura, dal suo DNA , quale associazione di magistrati non potrebbe mai ridursi al ruolo dei giuristi/osservatori, magari gestori di una Rivista autorevole ed influente come Questione Giustizia.

Cercando ogni possibile convergenza con quant’altri aderissero alla proposta, MD parteciperà al governo autonomo innanzitutto elaborando un programma per la prossima consiliatura che tocchi tutte le funzioni dell’autogoverno ed innanzitutto i punti emersi come critici e provi a fornire soluzioni idonee a prevenire le degenerazioni verificatesi, ed innanzitutto ad ostacolare il carrierismo. 

I magistrati che si riconoscono in MD potranno naturalmente appoggiare i magistrati che lo faranno proprio e che ne possano essere credibili esecutori, per avere espresso, nella loro vita professionale ed eventualmente in quella associativa, non solo autorevolezza sul lavoro ma soprattutto adesione a quella cultura costituzionale della giurisdizione in cui MD si è sempre riconosciuta , ed estraneità a cordate personali, di gruppo, territoriali . 

MD in ogni caso come gruppo non darà indicazioni di voto, né  lo organizzerà. 

MD parteciperà al governo autonomo stimolando seguendo e criticando il lavoro dei consiglieri eletti, rispettandone la piena autonomia.

MD naturalmente non potrà poi fare a meno di partecipare al circuito diffuso dell’autogoverno, quello che si dipana negli uffici , nella formazione, nei Consigli Giudiziari .

Volendosi MD chiamare fuori dal solo autogoverno che è -- anche -- esercizio di potere. E dimostrarlo per fatti concludenti.

Con due convinzioni.

La prima, che la crisi delle correnti quali luoghi di elaborazione politico-culturale è anche se non innanzitutto dovuta ad una crisi di democrazia interna, e che di conseguenza un rilancio dell’associazionismo giudiziario e delle prassi più virtuose del governo autonomo sarà evidentemente possibile solo se vi sarà una ripartenza della partecipazione diffusa, e solo se in tale impresa vorranno spendersi i magistrati più giovani, nella difesa dell’imprescindibile habitat di autonomia ed indipendenza in cui solo può svolgersi il lavoro dei magistrati: un lavoro che non si può fare da soli, che non si può fare bene nella chiusura corporativa , chiusi nel tecnicismo, senza un continuo confronto sul senso, sulla funzione, sui limiti della giurisdizione.

La seconda convinzione, che le correnti, MD inclusa, sono un mezzo e non un fine, che il fine è attuare i valori costituzionali nella giurisdizione , che in questa fase i gruppi possono provare a rigenerarsi solo lontano dalla diretta gestione delle funzioni consiliari. E che se è vero che fino a quando le attribuzioni del Consiglio sottenderanno nel concreto delle scelte quotidiane diverse opzioni politico-culturali sarà del tutto fisiologico ed ineliminabile che i magistrati continuino a discutere tra loro in forma anche collettiva sulle scelte da fare e quindi anche ad organizzarsi in gruppi, sarà altresì altrettanto fisiologico e possibile che le forme di tali aggregazioni bene possano essere in futuro le più diverse, ed anche molto diverse da quelle avute dalle correnti “storiche”.

Questa a nostro avviso può essere in questa fase il percorso per rilegittimare nella società e davanti ai magistrati , innanzitutto a quelli più giovani, sia il ruolo e la funzione del governo autonomo, sia il ruolo dell’associazionismo, dando un senso alla scelta per una ritrovata autonomia di azione che Magistratura Democratica è chiamata a fare in questo Congresso.

 

Marco Patarnello, Valerio Savio