
Un morto al giorno
La circostanza che si tratti di suicidi non può fornire facili alibi fondati sul libero arbitrio. La società civile e la magistratura non possono tollerare che i detenuti vivano in
La circostanza che si tratti di suicidi non può fornire facili alibi fondati sul libero arbitrio. La società civile e la magistratura non possono tollerare che i detenuti vivano in
Il tasso di sovraffollamento, il numero di suicidi, le criticità nell’assistenza sanitaria espongono le persone detenute e quelle che in carcere lavorano ad una quotidianità che pone in discussione i
Analoghi provvedimenti amministrativi sono stati emanati in molte città da altri prefetti su direttiva del ministro dell’Interno. Come giuristi non possiamo che richiamare, da un lato, il disposto dell’articolo 16
L’accesso si inquadra in un ciclo di iniziative in materia di fragilità psichiatrica che vorrebbe portare ad un tavolo di confronto finale anche con la medicina territoriale che si occupa
La dura protesta dei detenuti del carcere di Sollicciano di ieri segue la notizia del cinquantunesimo suicidio dall’inizio dell’anno di una persona ristretta. In questo caso si tratta di un ragazzo di venti anni originario del Marocco e, come negli altri casi, si tratta di una vita, la cui dignità e integrità fisica e morale – prima ancora del recupero sociale – sono state affidate allo Stato.
È di questi giorni la notizia di una giovane donna tunisina, tratta in arresto a novembre per possesso di stupefacente, sottoposta a custodia cautelare presso la Casa circondariale di Sollicciano, in stato di gravidanza e costretta dopo quattro mesi ad abortire per motivi di salute.
Ormai non è in gioco solo la dignità dei detenuti, si tratta di preservare la loro stessa vita.
Universo recluso Un carcere con una media di un funzionario giuridico-pedagogico ogni 71 detenuti, con picchi di un educatore ogni 379 non può conoscere le persone, prenderle in carico con efficacia
Grande dolore, angoscia e forti preoccupazioni, è quanto ha registrato Psichiatria Democratica nel Paese a seguito delle tragiche morti avvenute nelle carceri italiane in questi ultimi giorni. Tre vite spezzate richiamano Governo e Parlamento a passare dai rituali e generici annunci di interventi ad atti concreti capaci di affrontare – in maniera organica – tutte le problematiche relative alla detenzione.
“Il primo diritto che l’umanità deve garantire è l’appartenenza a essa.” Mauro Palma, Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, presentando la relazione annuale al Parlamento, ha così efficacemente descritto il legame tra la funzione emancipatrice dell’art. 3 della Costituzione e quella solidaristica e contraria ad ogni tipo di emarginazione dell’art. 2.
In questi giorni le notizie di cronaca hanno riportato una serie di episodi che richiamano la nostra attenzione sull’uso legittimo della forza pubblica e sul concetto di ordine pubblico.
Il luogo di detenzione non è solo quello dove un individuo deve scontare la sua pena, ma un luogo dove, come ci insegna la Costituzione, bisogna predisporre tutti gli strumenti idonei per offrire, a chi ha sbagliato, nuove possibilità di reinserimento sociale, al fine di scongiurare che ritorni a delinquere e per tutelarne sempre la dignità e la salute psicofisica.
Il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria è una realtà estremamente complessa, senza eguali rispetto alle altre articolazioni del Ministero della Giustizia: sia per il suo enorme budget, pari a oltre 3 miliardi e 200 milioni di euro, pari a circa metà dell’intero bilancio ministeriale; sia per l’elevato numero di unità di personale, oltre 45.000, cui si aggiungono le circa 56.000 persone oggi detenute; sia per il numero di strutture penitenziarie, poco meno di 200, alcune delle quali, per dimensioni, sono vere e proprie piccole città; sia per la varietà delle interrelazioni con altre amministrazioni, centrali e locali, su temi cruciali per gli equilibri del sistema penitenziario (salute, lavoro, formazione, assistenza sociale); sia per le implicazioni politiche che riguardano il discorso pubblico sulla pena e sul carcere e per un’attenzione mediatica in genere rivolta a cogliere i segnali di pericolo che provengono da una realtà avvertita come minacciosa, quasi mai a tentare un’analisi razionale dei problemi e delle possibili soluzioni, rispetto a cui vi è una coazione a ripetere slogan ideologici e spesso privi di qualunque aggancio con il mondo reale.
Il carcere è uno dei luoghi in cui un paese democratico misura il suo tasso di aderenza ai diritti universali dell’uomo.
È il fulcro in cui l’uso della forza, regolato dallo Stato nel processo, cerca il suo più difficile equilibrio con l’umanità del trattamento sanzionatorio e con la risposta rieducativa che la Costituzione affida alle pene.
Arianna Augustoni, coordinatrice del progetto socio-editoriale ‘Cucinare al fresco’, spiega come è nata questa iniziativa che ha mosso i primi passi nel carcere del Bassone di Como.
Le immagini dei pestaggi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere ci richiamano alla necessità di porre al centro della riflessione i temi della tortura, della violenza di polizia e dell’uso eccessivo della forza da parte chi detiene il monopolio della violenza. Nella convinzione che, in questo campo, la prevenzione degli abusi passi anche attraverso una ri-costruzione culturale, politica e simbolica del concetto di “ordine pubblico”, oltre che per un serio ripensamento dei modelli organizzativi delle agenzie di polizia.
A partire dalle ore 16:00 di venerdì 12 marzo 2021, su piattaforma Zoom, si è tenuto il Webinar organizzato dalla Sezione di Firenze di Magistratura democratica, dedicato ai temi del Trattamento rieducativo e della giustizia riparativa.
Gli auguri di Magistratura democratica all’associazione Antigone, in occasione del suo trentesimo anniversario.
Anche nell’attuale situazione di grave crisi sanitaria restano numerosi i detenuti che scontano pene irrisorie, non potendo accedere ad alternative al carcere soltanto perché privi di risorse, a partire da un’abitazione. Queste condizioni di marginalità sociale, troppo frequenti nel carcere, impongono di immaginare una penalità diversa e differenziata, a partire dalla struttura dei reati e dalle ipotesi di sanzione, per arrivare a modelli penitenziari alternativi alla prigione. Rispondere solo con le parole “più carcere” e “più carceri’” significa, infatti, chiudere gli occhi davanti ad una realtà, qual è quella attuale, che troppo spesso vede le prigioni soltanto come luoghi per immagazzinare corpi, senza concrete e realistiche possibilità di risocializzazione.
Riccardo De Vito, presidente di Magistratura democratica: “Purtroppo la prigione, da un punto di vista oggettivo, realizza ancora una funzione di ‘smaltimento’ della povertà colpevole. Molti poveri, non necessariamente stranieri, sono tagliati fuori da tutto. È necessario creare dimore sociali e favorire l’ulteriore finanziamento di un progetto della Direzione generale dell’esecuzione penale esterna e di Cassa Ammende, finalizzato a trovare risorse e posti per i senza fissa dimora. Chissà che dalla positiva sperimentazione del progetto non possa uscire una diversa filosofia della pena e dei luoghi di espiazione“.
Il Consiglio d’Europa, nell’attuale situazione di grave crisi sanitaria, deve dare impulso a politiche che possano portare a una rapida riduzione del numero dei detenuti. A tutela dei diritti fondamentali di questi ultimi e della salute pubblica
Ridurre subito le presenze all’interno del carcere, anche alleggerendone la pressione dall’esterno: soltanto in questo modo il rischio di contagio potrà essere seriamente fronteggiato. Per tutelare, oggi, la salute dei detenuti e garantire così, un domani, la sicurezza dei cittadini
Stefano Musolino, membro dell’Esecutivo nazionale di Md: “la Grande Chambre della Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che l’ergastolo ostativo previsto dal nostro ordinamento penitenziario è contrario al principio della dignità umana e viola l’art. 3 della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo”
Con i provvedimenti di sospensione adottati dal Dap non si attacchi un modello di carcere che costituisce un’eccellenza nel panorama penitenziario italiano
Domina la cifra giustizialista della maggioranza. Eliminate le norme sulle misure alternative al carcere e per l’integrazione dei detenuti stranieri (Il Manifesto)
Pubblichiamo il testo di un appello sottoscritto da diverse associazioni in rappresentanza dei mondi dell’università, dell’avvocatura, della magistratura e del volontariato, nonché da autorevoli giuristi e da personalità della società civile. L’appello, indirizzato al Governo, auspica l’approvazione definitiva della riforma penitenziaria, in attuazione delle delega conferita con la l. n. 103/2017. La riforma, giunta a un passo dal varo definitivo con l’approvazione dello schema di decreto legislativo, rischia ora una definitiva battuta d’arresto per via della fine della legislatura.
R. De Vito: «Una legge che ridà alla magistratura di sorveglianza la sua autonomia decisionale e il ruolo di garanzia sancito dall’art. 27 della Costituzione» (Il Dubbio)
Domani, 22 febbraio 2018, il Consiglio dei Ministri deciderà le sorti della riforma penitenziaria. Nell’auspicare la sua approvazione nella versione originale, pubblichiamo i lavori della Commissione che ha predisposto lo schema di decreto delegato approvato il 22 dicembre 2017
c/o Associazione Nazionale Magistrati, Palazzo di Giustizia
Piazza Cavour 00193 – Roma
C.F. 97013890583
md@magistraturademocratica.it
stampa@magistraturademocratica.it
c/o Associazione Nazionale Magistrati, Palazzo di Giustizia
Piazza Cavour 00193 – Roma
C.F. 97013890583
md@magistraturademocratica.it
stampa@magistraturademocratica.it