Graziana Calcagno, scomparsa il 6 agosto a Torino all’età di 79 anni, è stata un grande magistrato e una stupenda giudice minorile. Preparata, colta, sapeva di diritto e di psicologia, rigorosa e ferma nelle sue decisioni ma ricca di una grande carica umana. Fu giudice e poi pm per molti anni al Tribunale per i minorenni di Torino ove giunse alla metà degli anni ’70.
Erano gli anni della costruzione del diritto minorile. Giudici e presidenti di Tribunali per i minorenni, aperti e illuminati (cito per tutti Paolo Vercellone a Torino, Alfredo Carlo Moro a Roma, Gianpaolo Meucci a Firenze, Italo Cividali a Bologna) elaborarono e fecero crescere una nuova cultura. Era una cultura che rovesciava l’ottica “segregazionista” e “difensivistica” della cosiddetta ri-educazione e correzione dei minori (cui si ricollegavano gli istituti totali e le case di correzione o rieducazione) per affermare invece i diritti dei minori, riassumibili nel diritto alla educazione. A questa cultura Graziana, con il gruppo di giudici minorili “allievi” di Vercellone, contribuì tantissimo: con ciò che scrisse e disse, ma specialmente con ciò che seppe fare in concreto. Ricordo la sua capacità di ascoltare i ragazzi e dialogare con loro; la fiducia reciproca che sapeva instaurare; l’impegno per la loro concreta promozione; e quindi la sua autorevole e pressante richiesta all’Amministrazione e ai servizi del territorio di creare occasioni di impegno per i ragazzi, e di superare la vecchia logica degli istituti dando vita a comunità e strumenti educativi adeguati.
Graziana sapeva stabilire relazioni positive, costruttive, sempre improntate alla migliore e efficace collaborazione, ma sempre serene e cordiali, con i colleghi, con i giudici onorari, con gli avvocati, con gli amministratori, con gli operatori sociali.
Ma voglio ricordarne anche l’amicizia. Sapeva creare e coltivare amicizie. La sua era un’amicizia bella, limpida e… contagiosa. Quando “c’era Graziana” le cose in compagnia andavano bene; si respirava aria serena; perché era animatrice, pur senza mettersi in mostra. Raccoglieva le persone e le metteva assieme.
E cantava (faceva anche parte di un coro). Nel cuore abbiamo le sue canzoni. Citando Petrarca, diceva che «nel canto il cuor si disacerba». Canzoni drammatiche che con la sua bellissima voce facevano venire la pelle d’oca, ma anche canzoni di montagna… e canzoni buffe e giocose, quasi infantili.
Aveva la capacità di comporre strofette, e parodie, ricche di umorismo: garbato, scherzoso, semplice. Le piaceva sorridere assieme. Abbiamo passato con lei, e tramite lei, momenti indimenticabili.
I suoi valori, il suo impegno, la sua amicizia, ma anche il suo cantare (che è stato per noi un collante forte) sono una grande, fortunata eredità. È stato bello, Graziana. Se ci riusciremo canteremo ancora per lei e con lei.