La Casa Circondariale di Napoli Poggioreale “Giuseppe Salvia”

“Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni”(Dostoevskij)

La Casa Circondariale di Napoli Poggioreale “Giuseppe Salvia”


Il luogo di detenzione non è solo quello dove un individuo deve scontare la sua pena, ma un luogo dove, come ci insegna la Costituzione, bisogna predisporre tutti gli strumenti idonei per offrire, a chi ha sbagliato, nuove possibilità di reinserimento sociale, al fine di scongiurare che ritorni a delinquere e per tutelarne sempre la dignità e la salute psicofisica. 


La visita alla Casa Circondariale di Napoli Poggioreale, che si è svolta il 4 febbraio 2023, rientra in un progetto più ampio di Magistratura Democratica, iniziato con la visita a novembre 2022  del carcere di Sollicciano, che continuerà in futuro presso altre strutture penitenziarie  e che ha  la finalità principale di esaminare, con la collaborazione esperta di rappresentanti della ONLUS Antigone e della Camera Penale, le più importanti criticità  del mondo carcerario, per cercare di individuare gli strumenti più idonei per rendere più dignitosa la vita dei detenuti.


Sabato 4 febbraio, una delegazione di magistrati di Magistratura Democratica in servizio presso il distretto di Napoli, insieme ad un esponente dell’esecutivo nazionale di Md, a tre giudici del Tribunale di Sorveglianza, al Presidente della Camera Penale avvocato Marco Campora,  ad  un rappresentante  dell’osservatorio carcere avvocato Raffaele Minieri e a diversi rappresentanti di Antigone, ha avuto un lungo colloquio  con il direttore della Casa Circondariale dott. Carlo Berdini e con la vicedirettrice dott.ssa Giulia Leone  ai quali sono state poste domande che potessero dare un quadro generale della situazione. 

 


Come è facile immaginare il problema più serio e comune a molte strutture penitenziarie è quello del sovraffollamento. Rispetto ai dati raccolti nell’ultima visita dell’osservatorio di Antigone del 17 ottobre 2022, si registra una leggera flessione del numero dei detenuti in forza corrispondente a 2003 unità  tra giudicabili, appellanti, ricorrenti e definitivi. Si tratta di numeri, comunque altissimi, se si pensa  che ,secondo la pianta organica della struttura, dovrebbero esserci al massimo 1639 detenuti. 


La riforma Cartabia ha introdotto una serie  di norme  finalizzate proprio a ridurre la popolazione carceraria, come quella di anticipare al processo di cognizione l’applicazione di pene sostitutive al carcere  quando  contenute nei quattro anni, l’allargamento a più reati dell’istituto della messa alla prova, che rischiano, tuttavia, di restare lettera morta se non si potenziano  quelle strutture dell’esecuzione penale esterna (UEPE) che già  prima della riforma mostravano grosse criticità, sia sul piano delle risorse che dell’organizzazione.


Oltre al sovraffollamento, e quindi alle connesse problematiche strutturali, - da questo primo colloquio con la Direzione - emerge con forza la grave carenza di personale sanitario che determina un’incapacità nella tutela della salute fisica e mentale dei detenuti che, come tutti i soggetti ristretti, spesso sviluppano patologie multifattoriali. Difatti, a fronte delle fragilità materiali e sociali che si assommano nella popolazione detenuta, l’organico degli psichiatri (n. 2 fino alle ore 16.00) e degli psicologi (n. 4 dipendenti dell’Asl., n. 5 destinati al Ser.D., contrattualizzati mediante il ricorso al meccanismo ex art. 80 o.p. che, prevedendo contratti a tempo determinato, rischia di non garantire alcuna continuità assistenziale) sono del tutto insufficienti. 

         
La stessa problematica si riscontra anche sotto il profilo delle prestazioni mediche specialistiche che, nella maggior parte dei casi, non riescono ad essere effettuate all’interno della struttura penitenziaria – stante la carenza di mezzi e di personale – e quando devono essere eseguite nelle strutture pubbliche esterne scontano, oltre ai noti problemi di  ritardi burocratici   per le prenotazioni, anche le difficoltà legate alle carenze del nucleo traduzioni che non riescono sempre a garantire il servizio con la conseguenza di perdere la prenotazione effettuata e dover ricominciare l’iter. 


Non si può ,quindi, che auspicare un potenziamento, da parte dell’Azienda Sanitaria competente, in termini di investimenti, anche delle strutture sanitarie interne ai penitenziari per garantire un’effettiva protezione di soggetti già vulnerabili quali sono i detenuti e per assicurare (almeno) la tutela minima del diritto alla salute, prevista dalla nostra Costituzione.


Inoltre, dalla descrizione della Direzione della Casa Circondariale dei vari padiglioni e dai dati fornitici dalla stessa, emerge che – oltre a quelli destinati ad accogliere detenuti in particolari circuiti penitenziari, come l’alta sicurezza o i detenuti affetti da tossicodipendenze – vi è una grossa differenza strutturale tra i diversi reparti, alcuni più moderni (come i padiglioni Firenze e Genova) in cui, sia pure con grosse difficoltà, si riescono a svolgere attività trattamentali e progetti, e altri che - come si dirà di qui a breve - presentano delle carenze tali da rendere difficile anche solo la sopravvivenza  dei singoli detenuti, creando, pertanto, anche una disparità di trattamento tra detenuti comuni assegnati a uno o ad un altro padiglione, in parte in base a provvedimenti meramente casuali, in parte in un’ottica premiale e di progressiva adesione al percorso trattamentale.


Dopo il colloquio con la Direzione della casa Circondariale, la delegazione, accompagnata anche dagli ufficiali della polizia penitenziaria, ha visitato alcuni dei padiglioni che presentavano maggiori criticità.

Il primo reparto ad essere stato visitato è il Roma che, fino a pochi mesi fa, ospitava al piano terra le donne transessuali, al primo piano e secondo piano soggetti affetti da dipendenza da stupefacenti e al terzo piano sexoffenders ed i c.d. detenuti protetti. Attualmente il piano terra e il primo piano sono in ristrutturazione nel tentativo di migliorare le pessime condizioni strutturali. Infatti, prima che fossero chiusi, questi piani presentavano gravissime carenze strutturali, come emerso da precedenti visite di Antigone: le celle che recludevano le donne trans avevano il wc in ambiente non separato dal letto e dalla zona cucina ed erano prive di doccia. Il primo ed il secondo piano del padiglione presentano ancora i ballatoi (come il padiglione Napoli) che, oltre a costituire un enorme rischio per la sicurezza ed incolumità dei detenuti e del personale della polizia penitenziaria, impediscono la mobilità dei detenuti nella sezione, per il ridotto spazio fuori le celle e rendono impossibile anche la presenza di stanze per la socialità, che risulta di fatto inesistente. Si sottolinea che le celle presenti in tutto il padiglione Roma hanno un unico blindo, senza essere preceduto dalla classica porta con le sbarre, che non consente un ricambio d’aria (specie nei mesi estivi), limitando anche l’accesso alla luce dai corridoi della sezione.


Il secondo padiglione   visitato è stato il Milano che ospita, invece, detenuti in circuito di media sicurezza e al terzo piano detenuti sottoposti al circuito ex art. 32 o.p., ovvero coloro che compromettono la convivenza nei reparti o – informalmente – soggetti che rifiutano la socialità, confluendo in celle singole e ,nei fatti, vivendo in stato di isolamento. La visita in questo padiglione ha evidenziato l’assenza di docce all’interno delle celle al piano terra e al primo piano, ove esiste soltanto un ambiente ‘docce in comune’ estremamente malmesso; le  stanze risultano  particolarmente affollate e alcuni reparti sono  privi dell’area socialità. 


In ultimo, la delegazione ha visitato il padiglione Napoli che ospita detenuti in media sicurezza di cui molti stranieri. Anche qui si è riscontrata la presenza dei ballatoi in ogni piano e di evidenti infiltrazioni che rendono particolarmente umide le celle. Esistono stanze con dieci letti, pur non completamente occupati. In particolare,  si è avvertito un notevole disagio dei detenuti soprattutto sul piano delle carenze igieniche;  infatti la delegazione ha riscontrato la presenza di carta applicata dai  detenuti alle pareti delle celle per provare ad isolare tali ambienti dall’umidità, nonché cartoni che, a detta degli stessi, servivano ad impedire che i ratti entrassero nelle celle. Inoltre, i detenuti hanno lamentato un funzionamento precario dell’impianto di riscaldamento che, difatti, non risultava funzionante, tanto che la direzione ha fornito alcune stufe elettriche, comunque non sufficienti a coprire il numero di stanze di pernottamento. A riguardo il Direttore ha spiegato, anche alla presenza dei detenuti, che la problematica deriva dall’incapacità della caldaia presente di garantire in maniera continuativa acqua calda e riscaldamento per una tale ampiezza di spazi e per un tale numero di ristretti in quel padiglione. 


Altro dato riscontrato riguarda la presenza di numerosi cittadini stranieri e l’inadeguatezza, a fronte di un numero crescente di tali presenze, delle figure professionali dedicate ; è infatti presente un solo mediatore culturale per l’intero istituto penitenziario, deputato ad interagire con tutte le culture, le lingue e le provenienze geografiche, determinando, nei fatti , una logica ghettizzante e di impossibile integrazione, resa evidente anche nella distribuzione dei detenuti stranieri, raggruppati nelle celle secondo le etnie.


Infine, anche le strutture  di svago sono praticamente inesistenti :  vi è un campo di calcio  grande quanto una stanza di medie dimensioni,  manca una sala  da adibire a cinema o teatro.


All’esito di questa visita quello che emerge è una situazione strutturale gravemente compromessa sotto diversi profili, anche a fronte di sforzi dell’amministrazione tendenti al miglioramento delle condizioni dei detenuti, che impone una rimeditazione da parte di tutti gli enti competenti rispetto alla compatibilità con i principi costituzionali che vietano ‘trattamenti contrari al senso di umanità’ e la possibilità concreta di offrire un’opportunità ai soggetti che hanno commesso un reato per evitare future recidive. Infatti, nonostante i vari progetti professionalizzanti esistenti, dal punto di vista numerico, questi risultano gravemente insufficienti a fronte della popolazione detenuta. Inoltre, il lavoro svolto alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria, che rappresenta la quota di gran lunga più cospicua di lavoratori all’interno del carcere (296 in totale, tra cui 99 addetti alle pulizie, 2 barbieri, 48 lavoratori in cucina, 33 porta vitto, 4 lavoratori della lavanderia), riguarda un numero esiguo di soggetti se raffrontati con il numero complessivo dei detenuti. I  lavoratori vengono, poi,  formalmente selezionati da apposita commissione, rispondendo ad una logica premiale che contrasta con l’idea di un percorso trattamentale che abbia come fulcro il diritto al lavoro previsto dall’art. 1 della Costituzione. 


Riteniamo, pertanto, che al fine di migliorare la situazione carceraria, non solo a Napoli Poggioreale, ma in molte analoghe realtà, sia necessario ed urgente: 


1) Prevedere uno stanziamento economico in favore delle strutture dedicate all’esecuzione di pene alternative alla carcerazione, in modo da incidere sul sovraffollamento delle carceri. 


2) In fase cautelare ricorrere alla carcerazione intramuraria solo come extrema ratio come previsto dal codice di rito, incrementando, dove possibile,  l’utilizzo di strumenti alternativi ma  comunque idonei a salvaguardare, nel caso concreto,  le esigenze di cautela sociale  (come   gli arresti domiciliari anche con braccialetto elettronico).


3) Implementare le opportunità  di lavoro all’interno di strutture carcerarie, consentendo a tutti i detenuti di accedervi indipendentemente dalla predisposizione di formali graduatorie ; favorire  la partecipazione  a corsi specializzati, per  acquisire competenze e professionalità , in un’ottica di un reinserimento futuro nella società. 


4) Assicurare una maggiore presenza dei magistrati di sorveglianza (primo interlocutore dei detenuti) all’interno delle strutture carcerarie, anche attraverso un incremento dell’organico.


5) Aumentare in maniera considerevole il numero di psicologi e psichiatrici per garantire una seria prevenzione del rischio suicidario e dei funzionari giuridico pedagogici e mediatori culturali per assicurare un reale accompagnamento nel percorso trattamentale.


Napoli 13 febbraio 2023

L’esecutivo di magistratura democratica


Hanno partecipato: Simone Silvestri(esecutivo nazionale di md), Gloria Sanseverino (segretario sezione napoletana di md), Anna Laura Alfano (giudice Tribunale Napoli), Valentina Maisto (Procura Repubblica Napoli), Maria Picardi (magistrato di sorveglianza Napoli), Francesca Pandolfi (magistrato Sorveglianza Napoli), Francesca De Marinis (magistrato Sorveglianza Avellino), Luigi Romano (osservatore nazionale Antigone), Paolo Conte (osservatore regionale Antigone Campania), Gaia Tessitore (osservatore regionale Antigone Campania), Ilaria Giugni (osservatore regionale Antigone Campania), avv.to Marco Campora (Presidente Camera Penale Napoli), avv. Raffaele Minieri ( osservatorio carcere Camera Penale Napoli)

 

 

 

15/02/2023

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