Dalla Mailing list “Anm”
Con l’intervista al “Il Giornale” del 6 maggio, il segretario di Magistratura Indipendente ha suonato la campanella della fine della scuola, sfiduciando la Giunta ANM di cui lui stesso ha espresso il Presidente e la maggior parte dei componenti. E in un empito di furia iconoclasta l’ha sfiduciata anche con efficacia retroattiva, non piacendogli più neppure la Giunta precedente, di cui parimenti era l’architrave.
Dal canto suo, la Giunta -e soprattutto il suo Presidente-sembra poco incline a prendere sul serio il segretario Galoppi.
In attesa di capire se il neoeletto CDC intenda collocare l’uscita di MI fra le cose serie o le boutade, proviamo a capire cosa sta succedendo.
Per capire cosa sta succedendo bisogna fare un passo indietro. Quanto meno al 15 dicembre 2024, quando erano ancora in carica il CDC e la GEC precedente (Presidente Santalucia di Area e Segretario Casciaro di MI), le elezioni per il nuovo CDC erano indette per il mese successivo e i magistrati italiani si sono ritrovati in un’assemblea partecipatissima, ottenuta dal basso con fatica e con urgenza a seguito del durissimo attacco all’autonomia della giurisdizione e ai singoli magistrati e all’accelerazione impressa dal Governo alla riforma costituzionale, quale sorta di resa dei conti contro la giurisdizione e la magistratura.
In quel contesto, maturato faticosamente dopo anni di lacerazioni, la magistratura, sollecitata da una larghissima partecipazione di magistrati giovani e molto motivati, ha avviato una pagina nuova, decidendo di mettere al centro le ragioni dei cittadini e contrastare con generosità una riforma che in tutta evidenza peggiorerà gravemente la giustizia e la separazione dei poteri dello stato.
Con le elezioni del CDC alle porte, MI ha fatto una campagna elettorale in linea con il sentire della magistratura. Ha denunciato i gravi pericoli della riforma costituzionale. Ha aderito allo sciopero dell’intera magistratura contro la riforma. Ha condiviso la scelta di partecipare al dibattito pubblico parlando direttamente ai cittadini e alla politica delle ragioni per le quali questa riforma è un enorme danno per la giustizia di questo paese, un arretramento pessimo per un effettivo controllo di legalità e per i diritti delle persone. Ha condiviso la scelta di prendere la parola nel dibattito pubblico con la costituzione nel cuore e il solo bene collettivo come obiettivo. Ha condiviso la scelta di partecipare al percorso referendario, se le ragioni del buon senso e del bene comune non dovessero trovare ascolto nel dibattito parlamentare e politico.
Lo stesso hanno fatto tutti i gruppi della magistratura associata, consapevoli di dover mettere via le divisioni, mettendo al centro le assai più grandi ed importanti ragioni che uniscono la magistratura e gli uomini di buona volontà.
Il risultato è stata una partecipazione dei magistrati al voto senza precedenti, che ha eletto un CDC con una forte legittimazione, apparentemente pronto a dare gambe solide e convinte al chiarissimo mandato ricevuto.
Sulla base di questo risultato -nemmeno quattro mesi fa- MI ha chiesto con forza di guidare questo cammino, ha indicato una strada politica con l’obiettivo di esprimere fino in fondo al Parlamento, alla politica e ai cittadini la gravità (e per certi versi la tragicità) della riforma costituzionale, così come proposta. Una gravità che diventa tragica proprio sul tema della separazione delle carriere e dell’isolamento del PM in un ordine tutto suo e che per l’eterogenesi dei fini spingerà il PM proprio nella direzione che la riforma dice -a parole- di voler ostacolare. MI ha chiesto e ottenuto di guidare questo percorso indicando una strada precisa: la ragionevolezza degli argomenti, la consapevolezza di esprimere un interesse di tutti e non di una parte, la convinzione che se si è nel giusto e non si lavora per partigianeria si troverà l’ascolto necessario; se non nella politica, quanto meno nei cittadini.
Oggi il segretario di MI a quattro colonne sul “Il Giornale” fa dietro front e ci dice che in realtà la partita era già persa e che dunque non ha senso combatterla. Che la colpa di questa sconfitta è della stessa ANM, che fa politica. Che a ben pensarci questa riforma era nel programma di governo e che quindi i magistrati non possono contrastarla, neppure se è destinata a mettere in discussione i principi fondamentali dell’attuale assetto costituzionale e peggiorare drasticamente la giustizia e i diritti dei cittadini e l’indipendenza della giurisdizione. Addirittura ci dice che l’ANM non avrebbe dialogato abbastanza, come se non fosse notizia contestuale la scelta del governo di usare la tagliola persino nel dibattito parlamentare, con un’iniziativa senza precedenti.
E’ così che la corrente più coinvolta nell’attuale compagine governativa, ai massimi livelli, accusa l’intera ANM -che presiede- di fare opposizione politica! Sembra uno scherzo.
MI sia chiara! Qual è il problema? Si sta rendendo conto che resta con il cerino in mano alla guida di un ANM che sta per prendere da questo governo uno dei più grandi schiaffoni politici della storia della giustizia del dopoguerra, con l’imminente approvazione al Senato di questa insensata riforma? Pur di non contrastare con nettezza questa iniziativa del Governo vuole abbandonare la barca ANM e fare -stavolta si-collateralismo politico? Sono davvero queste le sue intenzioni?
Non funziona così. Le battaglie si fanno perché sono giuste e guardano all’interesse collettivo. Si fanno a viso aperto e con onestà intellettuale.
Se davvero il Parlamento approverà questa riforma sarà nostro dovere spiegare ai cittadini che saranno chiamati ad un referendum cosa esattamente significa questa riforma e perché ci preoccupa così tanto la sua definitiva approvazione.
Abbiamo il dovere di mettere la comunità alla quale apparteniamo e nel cui nome rendiamo giustizia nelle condizioni di fare una scelta consapevole.
MI non ci sta più? Lo dica con chiarezza. Lo dica nella sede propria, vale a dire nel CDC che i magistrati hanno appena eletto. Si assuma le sue responsabilità.