Magistratura democratica è da sempre consapevole dell’assoluta necessità di un ampliamento delle fonti di conoscenza utilizzate nel processo di valutazione dei magistrati, in quelle periodiche come in quelle necessarie all’attribuzione e alla conferma degli incarichi direttivi.
Da tempo, inoltre, Magistratura democratica ha riconosciuto il ruolo che può essere utilmente svolto dagli organi istituzionali dell’avvocatura nel sottoporre al governo autonomo della magistratura fatti specifici rilevanti in tali valutazioni, che potrebbero non essere conosciuti in altro modo.
Oggi questo ruolo è normativamente affermato dall’art. 11-bis del d.lgs n. 160 del 2006 – introdotto dal d.lgs n. 44 del 2024 – cui è strumentale l’obbligo dei Consigli giudiziari di comunicare ai Consigli dell’Ordine degli Avvocati i nominativi dei magistrati per i quali nell’anno successivo matura uno dei quadrienni utili ai fini delle valutazioni di professionalità, come previsto dall’art. 11 dello stesso decreto legislativo.
Tuttavia Magistratura democratica oggi non può nascondere una seria preoccupazione di fronte all’iniziativa del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano che istituisce una piattaforma per le segnalazioni riguardanti magistrati e personale amministrativo del distretto.
Si tratta infatti di uno strumento ben eccedente, già nelle intenzioni dichiarate nella presentazione sul sito del COA, i compiti e le prerogative rimesse agli Ordini forensi.
Quello che è stato realizzato non è infatti un semplice collettore di informazioni raccolte in relazione ai magistrati in valutazione nell’anno e in occasione di tale valutazione: si tratta invece di una piattaforma che consente la raccolta indiscriminata (perché operata senza alcun controllo umano in accesso) di informazioni su tutti i magistrati, indipendentemente dal fatto che siano in valutazione nell’anno e anzi che siano attualmente soggetti al regime delle valutazioni, ma anche sul personale amministrativo, che è ovviamente escluso da quel regime.
Ma soprattutto la piattaforma consente la conservazione di tali indifferenziate informazioni per un tempo comunque molto rilevante: da quanto è dato sapere almeno un anno per le informazioni irrilevanti (che quindi nemmeno avrebbero dovuto essere inserite nel portale) e addirittura dieci per quelle ritenute rilevanti, peraltro sulla base di criteri per nulla esplicitati.
Si crea così, indipendentemente dall’intento soggettivo degli ideatori dell’iniziativa, un serbatoio di informazioni anche completamente irrilevanti e relative a dati personali di magistrati e dipendenti amministrativi, la cui accessibilità è descritta in modo più che vago e nel quale i dati restano conservati per un tempo anche di molto superiore a quello nel quale altre informazioni sono a disposizione dell’autorità giudiziaria per fini di giustizia.
E ciò accade, merita rilevarlo, in un contesto internazionale in cui l’indipendenza della giurisdizione è sotto attacco in molti paesi occidentali e la disponibilità dei dati personali costituisce il grimaldello per la repressione e la lesione dei diritti delle persone.
Per questo confidiamo che lo strumento sia profondamente ripensato, nel rispetto delle prerogative degli Ordini forensi, ma anche del diritto delle persone a non subire operazioni di profilazione, del tutto inammissibili e che, quando riferite a magistrati, come si è visto anche nel nostro paese, consentono pressioni indebite sull’amministrazione della giustizia, di cui tutte e tutti, come cittadini, dovremmo essere preoccupati.
L’Esecutivo di Magistratura democratica