Perché ci si commuove davanti ad un monumento oppure di fronte alla bellezza della natura, del mare e del cielo? Magari davanti a quella struggente del blu del mare dell’Asinara di “Era d’estate”, il film di Fiorella Infascelli, poeticamente dedicato agli aspetti intimisti di quel sofferto ritiro dei due magistrati e dei loro congiunti proprio su quell’isola.

Quale magistrato non ha provato una sorta di sindrome di Stendhal di fronte alle immagini della serietà di Giovanni e Paolo davanti al loro destino? Crediamo fortemente che questa sindrome ci avvicini tutti, ci renda comunità, ci obblighi alla memoria, superando i confini dell’età, del genere, delle divisioni culturali, delle differenze di sensibilità, del pragmatismo o dell’idealismo con cui dobbiamo affrontare le quotidiane asperità e le soddisfazioni del nostro lavoro.

In quest’ottica abbiamo pensato di dedicare un numero speciale della newsletter di Emmedi alla memoria, nel giorno del trentennale della strage di Capaci, edizione realizzata con il contributo di più mani, giovani e meno giovani, di chi c’era e di chi doveva ancora formarsi una consapevolezza ed una coscienza di quanto allora accadeva.

Le fotografie di Giovanni e Paolo, che molti di noi ancora affiggono sulle pareti delle nostre stanze, quale sentito omaggio alla loro memoria, ci identificano come popolo, Patria comune, accorciano le distanze tra noi e “gli altri”, perché ci avvicinano, almeno in queste occasioni, alla gran massa di cittadini che si sentirono colpiti e si compattarono attorno alla perdita subita, come un lutto per il Paese tutto.

Non abusiamo di quei ricordi per adagiarci su di essi, ma utilizziamoli come monito contro il rischio di una dilagante indifferenza su chi e cosa siamo ed il pericolo di un facile appagamento dentro schemi e prospettive che ci chiudono ad un futuro che ci migliori.