Le riforme necessarie

Pillole

Le riforme necessarie

di Giovanni Palombarini

Il governo di Mario Monti durerà, a mio giudizio, sino alla fine della legislatura. Fra un anno, dunque, vivremo una campagna elettorale presumibilmente molto vivace, nel corso della quale si parlerà molto della questione giustizia. La crisi di questo servizio sarà grave come oggi, con tutta la solita coda di polemiche su arretrati, disfunzioni, prescrizioni, danni al singolo cittadino e al paese. Fortunatamente non si parlerà di lodi, processi lunghi, prescrizioni brevi né, penso, di modifiche costituzionali finalizzate al controllo dell’esecutivo sul pm. Il tema sarà quello della funzionalità. Gli intellettuali non lo potranno evitare.

Qui, a mio giudizio, vi è lo spazio per un’iniziativa politico/culturale che solo Md può elaborare e proporre nel dibattito, lasciando da parte i discorsi sulle mini-riforme concretamente possibili. Si tratta di predisporre un documento, da diffondere ampiamente fra i partiti in lizza, chiamati a confrontarsi pubblicamente (ma anche i giornalisti, i docenti e gli studenti delle facoltà di giurisprudenza e scienze politiche, gli avvocati, gli stessi magistrati, compresi quelli della corte costituzionale, dovranno esserne i destinatari), che si ponga di fronte a tale questione per quello che essa sostanzialmente è. Detta in una parola, una catastrofe.

Ebbene, di fronte a una simile crisi quello che andrebbe proposto è un insieme di misure nuove, radicali, finalizzate a realizzare in tempi brevi non una giustizia astrattamente perfetta, corrispondente a una grande tradizione giuridica che tutti conoscono, a un’articolazione di principi giuridici di grande livello, bensì una giustizia possibile, qui e ora. Una giustizia possibile, praticabile, che assicuri al cittadino decisioni ragionevoli in tempi ragionevoli. Il documento dovrebbe intitolarsi le riforme  necessarie.

Un documento del genere dovrebbe avere il carattere della provocazione/proposta. Redigendone i vari paragrafi, quelli essenziali (ordinamento, processo civile, diritto penale sostanziale e processo), non si dovrebbe avere la preoccupazione dell’attuale realizzabilità delle proposte. E scontato che oggi come oggi, in questo parlamento, nessun soggetto politico le farebbe immediatamente proprie, anche se il ministro Severino ritiene che proprio la dura congiuntura economica possa favorire la riforma del sistema giudiziario. Quello che conta - in termini di carattere alternativo di una prospettiva riformatrice davvero nuova - è che domani, nella loro perentoria semplicità, appaiano a tutte le persone di buona fede come un complessivo progetto di cambiamento effettivo.

Fino a oggi le esigenze di difesa, di fronte agli attacchi della destra, hanno costretto Md a un atteggiamento prudente, difensivo (dice Michele Vietti, sulle barricate del fortino). Nel dibattito che sii svilupperà fra un anno sarà possibile una posizione diversa, con  una proposta di segno radicalmente alternativo, per una giustizia efficiente. Non sono io, a fronte delle competenze esistenti in Md, che posso formulare la proposta nelle sue articolazioni. Mi limito a richiamare cose già dette (anche in un documento sottoscritto con Viglietta).

In sintesi.

Per quel che concerne l’organizzazione, una giustizia possibile impone la revisione delle circoscrizioni (alle spalle Md ha il lavoro fatto nelle consiliature 1990-94 e 2006-10, sostenendo in entrambi i casi duri confronti: il discorso potrà essere molto concreto). Ne vanno  spiegati con semplicità i motivi. In particolare vanno brevemente illustrate le incongruenze e le perdite di forze, tempo e denaro della situazione attuale. Le resistenze saranno durissime (deputati di Pdl, Pd e Lega hanno presentato un emendamento al decreto milleproproghe per spostare dal settembre 2012 al settembre 2013 il taglio degli uffici giudiziari).

Per quel  che riguarda il processo penale vanno riprese, aggiornandole, una serie di proposte che il gruppo di Md ha messo insieme fin dall’inizio dello scorso decennio. Se si ha coraggio nel proporre una giustizia possibile, realizzata in tempi ragionevoli, è necessario proporre l’abolizione dell’appello, assegnando alle attuali corti, anch’esse da ridimensionare, il compito di decidere nei processi nei quali la corte di cassazione abbia annullato con rinvio una sentenza di primo grado. Andrebbero poi limitati i casi di ricorso e stabilite rigide preclusioni (ne ha scritto in particolare Francesco Iacoviello). Le restrizioni della libertà personale andrebbero regolate con forme più semplici e rapide e con effettive garanzie (rimando a un documento di Gianfranco Viglietta di qualche tempo fa). Va rifiutata la prospettiva della costruzione di nuove carceri: il diritto penale minimo è la filosofia di Md. Una depenalizzazione va affiancata dall’ampliamento delle pene alternative al carcere.

Per il civile, ugualmente, correzioni radicali vanno apportate al processo. Md ha alle spalle un lavoro importante anche in questo settore, con proposte (anche recenti), che vanno sintetizzate e dove necessario radicalizzate. Va ripreso il discorso delle preclusioni e va proposta l’inammissibilità dell’appello dichiarata dal giudice a quo. Inoltre le sentenze passate in giudicato devono essere subito effettivamente esecutive, senza ulteriori defatiganti procedure. Non bisogna poi avere paura dei giudici onorari: anche la loro è una giustizia possibile, qui e ora.

Che ne dite?

03/02/2012

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