Lavoro
"Il Lavoro, la Fabbrica, i Diritti"
TORINO - Si è svolto a Torino, venerdì 20 maggio, il convegno organizzato da Magistratura democratica sul tema “Il Lavoro La Fabbrica I diritti”. Il convegno si è tenuto nella “Fabbrica delle E”, ex fabbrica manifatturiera trasformata in una sede del Gruppo Abele. I lavori sono iniziati con i saluti di Piergiorgio Morosini, segretario di Magistratura democratica, e quelli di Don Ciotti che, partendo dal titolo del convegno, ha discusso della indivisibilità del lavoro dai diritti e dei diritti dalla fabbrica, richiamando i rischi di disumanizzazione del lavoro e di nuove povertà.
Le relazioni del mattino hanno tracciato un quadro ampio e approfondito delle dinamiche macroeconomiche, degli effetti della globalizzazione (prof.ssa Ferrarese), con critiche (prof. Ciccone) alla teoria economica neoclassica e al mito della flessibilità. La dott.ssa Lanterno ha analizzato i fattori di rischio legati alla organizzazione del lavoro, l’esigenza di umanizzare il lavoro e di adattare il lavoro all’uomo, e non viceversa (con riferimento anche al sistema Ergo-Uas richiamato nei contratti Pomigliano e Mirafiori).
Il convegno è proseguito orientando la riflessione, in un’ottica più strettamente nazionale, sul sistema della contrattazione in Italia e sulle sue trasformazioni. Il prof. Vincenzo Bavaro ha analizzato le caratteristiche del sistema contrattuale italiano, formatosi nella inattuazione dell’art. 39 Costituzione, e il tema della derogabilità della legge da parte del contratto collettivo nazionale e di questo ad opera dei contratti aziendali.Ha definito come “neofeudale” il modello in atto nel nostro paese, in cui si inseriscono gli accordi Fiat, in quanto caratterizzato da un ambito aziendale di produzione delle regole e da unilateralità manageriale (in cui il contratto nazionale sembra aver perso la tradizionale funzione limitativa del mercato del lavoro come misura anti-dumping), con tutte le conseguenze negative che ciò comporta sul terreno della solidarietà sociale e della democrazia industriale.
La tavola rotonda del mattino ha creato un importante e serrato confronto tra i principali protagonisti delle attuali relazioni industriali: i rappresentanti delle organizzazioni sindacali Fiom-Cgil e Fim-Cisl, di Federmeccanica, della politica. Il confronto ha fatto percepire una certa condivisione da parte dei sindacati dei lavoratori sulle forzature che caratterizzano la recente contrattazione, nazionale e soprattutto aziendale, ma una diversa visione sulle risposte a tali forzature e sul modo di leggere e interpretare gli interessi dei lavoratori.
Da un lato (Fiom) è stata aspramente condannata la separazione delle sigle sindacali sulle regole della contrattazione e la rinuncia alla lotta per i diritti dei lavoratori, dall’altro (Cisl) si è dato conto di una necessitata accettazione di regole e condizioni, sul presupposto che la mancanza del lavoro rappresenti la più grande mortificazione della dignità dei lavoratori.
Nel pomeriggio, Salvo Leonardi, partendo dal dato della svalorizzazione del lavoro, ha concentrato la sua analisi su tre aspetti della contrattazione: il peggioramento dei contenuti, il decentramento e l’individualizzazione, mettendo in risalto il ridimensionamento del potere negoziale reale dei lavoratori e delle loro rappresentanze e l’attuale punto di arrivo di uno scambio tra diritti nel lavoro con i diritti al lavoro.
La seconda tavola rotonda ha messo a confronto le tesi del prof. Alleva e quelle del prof. De Luca Tamajo, le critiche all’approdo ad un sistema di contrattazione separata del prof. Bruno Caruso e le valutazioni del prof. Ichino sui progetti di legge sulla rappresentanza e rappresentatività. Il prof. Alleva ha descritto come inevitabile, allo stato, una soluzione normativa al problema della rappresentanza sindacale, in ragione dello sgretolamento dell’unità sindacale. Ha richiamato il principio maggioritario nella rappresentanza sindacale come criterio fondamentale comunque posto dall’art. 39 della Costituzione e il principio di ultrattività dei contratti collettivi legato al presupposto della tutela del lavoro come autotutela di origine collettiva che non può mai scomparire.
Secondo il prof. De Luca Tamajo non è invece realistico, oggi, un intervento normativo sul tema, troppo incandescente, della rappresentanza e rappresentatività sindacale, essendo invece opportuno proseguire secondo le linee tracciate dal Protcollo del luglio 1993 e cercando rimedi a livello di rappresentanze sindacali in azienda. La crisi di unità di azione sindacale, secondo il prof. De Luca Tamajo, rivela una divaricazione tra politiche e cultura delle associazioni sindacali, dovendosi prendere atto del definitivo superamento del contratto collettivo solo acquisitivo e del necessario decentramento.
Il relatore ha posto in risalto da un lato, il rischio di fuga delle aziende dal meccanismo associativo confindustriale, per effetto di imitazione della strategia Fiat, dall’altro, il rischio di fuga dei lavoratori dai sindacati più disponibili al compromesso. Anche Magistratura Democratica si è inserita nel dibattito sui progetti di legge in materia di rappresentanza sindacale, condensando le proprie riflessioni in una proposta di modifica normativa di alcune disposizioni dello Statuto dei lavoratori, illustrate da Sergio Mattone e Giovanni Cannella.
Il venir meno dell’unità sindacale pone al mondo lavorativo e industriale problemi nuovi e complessi, in cui i rapporti di forza tra potere datoriale e bisogno di lavorare giocano un ruolo cruciale. Le problematiche, legate al tema della efficacia soggettiva dei contratti collettivi nazionali e aziendali separati, con risvolti anche di antisindacalità, sollecitano interventi giurisdizionali.
Il sistema di relazioni industriali è alla ricerca di un nuovo punto di equilibrio, stretto tra le tensioni indotte da crisi economica, globalizzazione, competitività da un lato e tutela del diritto al lavoro, dei diritti dei lavoratori, della dignità del lavoro, della libertà e attività sindacale, della solidarietà sociale dall’altro. Si avverte la mancanza di una mediazione governativa, frutto di una consapevole linea politica, in grado di riproporre accordi trilaterali.
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