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La Casa Circondariale di Torino "Lorusso e Cutugno"
“Il primo diritto che l’umanità deve garantire è l’appartenenza a essa.” Mauro Palma, Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, presentando la relazione annuale al Parlamento, ha così efficacemente descritto il legame tra la funzione emancipatrice dell’art. 3 della Costituzione e quella solidaristica e contraria ad ogni tipo di emarginazione dell’art. 2.
È stato questo lo sguardo di Magistratura democratica nelle visite a tre dei luoghi in cui l’esecuzione della pena detentiva manifesta oggi in modo più evidente i limiti di compatibilità con la Carta.
Dopo la Casa Circondariale di Sollicciano e la Casa Circondariale di Poggioreale, il 9 giugno scorso un gruppo di magistrati, assieme alla Garante del Comune di Torino Monica Gallo, ad Antigone, alla Camera Penale di Torino e al presidente di Giuristi Democratici, è entrata nella Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno”, istituto segnalatosi in passato come un ambiente tra i più attenti ai percorsi risocializzanti e recentemente assurto alle cronache per denunce di tortura, con procedimenti attualmente pendenti dinanzi al Tribunale di Torino a carico di 21 appartenenti alla polizia penitenziaria, oltre all’ex direttore.
La visita ha interessato alcune sezioni dei padiglioni A, B, C ed F da noi indicate ed è stata preceduta da un incontro con la nuova direttrice dott.sa Elena Lombardi Vallauri e con la comandante Sarah Brunetti che ci hanno accolto e accompagnato mostrando di gradire l’attenzione della magistratura per la realtà carceraria torinese. Con lo stesso spirito si è, poi, svolto, un incontro con la polizia penitenziaria e gli educatori.
Le carenze nella manutenzione dei tre blocchi principali della struttura (inaugurata nel 1986), la presenza di numerosi circuiti detentivi e, soprattutto, il sovraffollamento costituiscono i punti critici che impediscono un uniforme trattamento, rispettoso degli standard minimi individuati dalla C.EDU e improntato alla risocializzazione del detenuto.
Il giorno della visita erano presenti 1351 detenuti (di cui 111 donne) a fronte di una capienza di 990 posti. Il tasso di affollamento medio, pari al 136%, è superiore alla media nazionale del 110,6%, ma il confronto diventa ancora più evidente e drammatico se si analizza la concreta dislocazione dei detenuti all’interno delle singole sezioni. Nelle sezioni con regime aperto (dove lo spazio detentivo è quello della intera sezione) si arriva ad un tasso di affollamento anche del 191%, nelle sezioni di prima accoglienza (dove il regime è chiuso) del 178%, nelle sezioni ordinarie (regime chiuso) anche del 156%.
Il padiglione A ospita il Reparto di osservazione psichiatrica “Sestante” (A.T.S.M.), di recente riaperto dopo essere stato ristrutturato a seguito delle denunce per la fatiscenza e la contrarietà al senso di umanità dei suoi locali e per i trattenimenti superiori al periodo di osservazione. L’Articolazione Tutela Salute Mentale ospita attualmente 22 detenuti di cui 10 a custodia aperta. Oltre all’A.T.S.M. il padiglione è composto da 1 sezione di assistenza intensificata (SAI) , 3 a custodia aperta, 1 ordinaria, 1 di alta sicurezza, 1 ordinaria per tossicodipendenti. Ospita 242 detenuti su 200 posti con un tasso di affollamento del 121%. Oltre alla presenza di ambulatori specialistici, i medici di continuità assistenziale sono 21, 18 i medici specialisti DSM e SERDAP, 65 gli infermieri, 5 i radiologi, 5 gli psichiatri, 6 gli psicologi, 5 i mediatori culturali sanitari.
Il padiglione B è composto da 8 sezioni a custodia aperta (di cui 3 destinate ai corsi) e 4 di prima accoglienza (di cui una per tossicodipendenti). Ospita 400 detenuti su 273 posti con tasso di affollamento del 146%.
Il padiglione C è composto da 1 sezione di alta sicurezza, 10 sezioni aperte (di cui 4 sex offender) e 1 ordinaria). Ospita 391 detenuti su 273 posti con un tasso di affollamento del 143%.
Il padiglione D è destinato ai casi in isolamento (volontario e disciplinare) e ospita 29 detenuti su 16 posti.
Il padiglione E è una struttura a custodia attenuata separata dai tre blocchi principali, suddiviso su due piani ospita 5 sezioni: la Comunità “Arcobaleno” maschile e femminile, la sezione del Polo Universitario, la sezione per la squadra di rugby, e una sezione per i detenuti in art.21 esterno. Ha 216 posti disponibili e ospita 83 detenuti tossicodipendenti in custodia comunità che seguono un programma di recupero. Attualmente la sezione Arcobaleno femminile è interamente dedicata all'ospitalità di una sola detenuta transgender.
Il padiglione F è interamente femminile ed è composto da 2 sezioni aperte, 1 ordinaria, 1 accoglienza, e un’articolazione mentale. Ospita 110 detenute su 84 posti con un tasso di affollamento del 130%. Fa parte della struttura anche una palazzina ICAM (istituto a custodia attenuata per le detenute madri) che ospita una sola detenuta con un bambino.
Le camere di pernottamento sono di 8 mq e ospitano due detenuti, all’interno è presente un locale separato e chiuso, destinato a bagno (con wc e lavandino, il bidet è presente solo nelle sezioni femminili); il bagno non è servito da acqua calda e viene regolarmente utilizzato come dispensa per i cibi acquistati in sopravvitto. Ogni camera ha un televisore. La presenza del mobilio e di suppellettili rende spesso i mq a disposizione degli occupanti a regime chiuso inferiori ai 3 mq richiesti dalla C.EDU per non considerare inumano il trattamento. Degna di rilievo la circostanza che nelle sezioni chiuse le 4 ore giornaliere di socializzazione vengono realizzate associando in una sola cella quattro detenuti, così dimezzando lo spazio vitale. Le docce sono comuni e spesso presentano problemi di mancanza di acqua calda per problemi di manutenzione. Le pareti, soprattutto nei piani alti, presentano segni di muffa e infiltrazione di acqua piovana (gli edifici non hanno spioventi), l’illuminazione è generalmente artificiale perché le finestre sono schermate da grate. Le opere di manutenzione sostenibili dall’economato dell’istituto non sono sufficienti a garantire a tutti i detenuti uno spazio salubre e decoroso, frequenti sono le disinfestazioni da blatte e topi.
L’alto tasso di affollamento, oltre ad incidere sullo spazio minimo vitale, condiziona anche i trattamenti individuali e la qualità del trattamento risocializzante resta una variabile destinata a concretizzarsi solo per una minoranza dei detenuti.
Non è garantita la separazione tra detenuti adulti e giovani adulti (l’11% dei detenuti ha meno di venticinque anni), né quella tra detenuti in attesa di giudizio (40%) e detenuti cd definitivi (60%), né quella tra definitivi con pene brevi e detenuti con pene oltre i cinque anni. La promiscuità incide anche sulla collocazione in regime chiuso o aperto, atteso che alcuni detenuti stazionano nelle sezioni di prima accoglienza (chiuse) in attesa che si liberino posti nelle sezioni aperte.
Le attese di allocazione nelle sezioni si trasformano, così, in una sorta di isolamento dove le giornate rischiano di passare nel nulla e dove trova sovente spazio la depressione e il compimento di atti di autolesionismo (il rapporto di Antigone segnala che ben 1100 detenuti fanno uso di sedativi e ipnotici). Nel 2022 si sono registrati 4 suicidi, 35 tentativi di suicidio e 143 gesti autolesivi.
L’alto tasso di affollamento incide sul percorso trattamentale soprattutto sulla praticabilità del lavoro (bene cardine della risocializzazione assieme all’istruzione), e questo accade anche in una realtà storicamente attenta al lavoro, dove sono presenti all’interno del carcere, oltre ai servizi per l’amministrazione, una falegnameria industriale, una torrefazione del caffè, una serra, una stireria e lavanderia, laboratori informatici, una serigrafia, un panificio e, presso il padiglione femminile, un laboratorio di packaging e una sartoria. Solo 50 detenuti (pari al 3,7%) lavorano all’esterno, mentre i lavori interni interessano circa il 30% dei detenuti. Solo il 17% segue corsi di formazione professionale.
L’alto tasso di affollamento incide, infine, sul lavoro di presa in carico e di osservazione esercitato in concreto da educatori e personale della polizia penitenziaria. A ciò si aggiunge che il 46,83% dei detenuti sono stranieri (le nazionalità e/o i gruppi linguistici sono 40) a fronte di un tasso medio nazionale del 31,3%, e i mediatori linguistici assunti sono 2 (altri mediatori sono sovvenzionati dall'Ufficio Stranieri del Comune di Torino tramite l'Ufficio Garante).
Gli educatori in forza all’istituto sono attualmente 16 (con un rapporto di 1 ogni 84 detenuti), a questi si aggiungono 50 volontari.
La forza organica della polizia penitenziaria è di 723 effettivi (662 erano i presenti il giorno della visita) su una pianta organica di 870 e si traduce in un rapporto in concreto all’interno delle sezioni anche di 1 per 46 detenuti. Come ci è stato segnalato anche nelle visite a Sollicciano e Poggioreale questo significa far gravare sul personale di polizia penitenziaria compiti di supplenza (in ascolto e mediazione) che vanno oltre la specifica formazione e che fanno perno solo sulla sensibilità individuale, ma inevitabilmente gravano sulle energie e la sostenibilità dei carichi emotivi. I casi di uso abusivo della forza e tortura su cui si è indagato e che sono sub iudice non trovano in assoluto, qui come altrove, alcuna giustificazione. E’ certo, però, che le deviazioni vanno circoscritte e inquadrate in un contesto nel quale la polizia penitenziaria si adopera, con personale numericamente non adeguato, in turni di servizio serrati svolti in condizioni di costante concentrazione e si trova sovente a risolvere (letteralmente) da sola emergenze che richiederebbero supporto specialistico e che, per questo, sono destinate ad aumentare il carico di stress individuale.
Anche nella Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno”, come nel resto delle carceri italiane il sovraffollamento trova ragione non nell’aumento della criminalità, ma nella risposta panpenalistica che il legislatore ha da anni dato ai conflitti sociali e alle devianze, e alla perdurante centralità della pena detentiva.
Riprendendo le parole della Relazione del Garante Nazionale Mauro Palma “È ancora alto il numero di persone ristrette in carcere per scontare condanne molto brevi: [su 55195 detenuti] 1478 persone sono oggi in carcere per scontare una pena – non un residuo di pena – inferiore a un anno, altre 2741 una pena tra uno e due anni. È evidente che una struttura complessa quale è quella carceraria non è in grado di predisporre per loro alcun progetto di rieducazione perché il tempo stesso di conoscenza e valutazione iniziale supera a volte la durata della detenzione prevista. Non solo, ma questi brevi segmenti di tempo recluso sono destinati a ripetersi in una sorta di serialità che vede alternarsi periodi di libertà e periodi di detenzione con un complessivo inasprimento della propria marginalità. Inoltre, la riduzione della finalità rieducativa a mera enunciazione a cui non corrisponde alcuna effettività finisce col proiettare il senso dell’inutilità delle norme, proprio nei confronti di persone che, avendole violate, dovrebbero essere aiutate a comprenderne il valore. Non solo, ma quell’insieme rappresenta quasi plasticamente l’immagine della marginalità sociale che oggi abita il carcere”.
“L’ordinamento attuale presenta varie possibilità di accesso a misure diverse dalla detenzione per pene così brevi: il non accesso a esse è indicativo di una complessiva povertà. Povertà di supporto sociale, di assistenza legale, spesso di comprensione delle norme stesse; povertà anche materiale perché frequentemente l’assenza di una abitazione o la sua inadeguatezza sono alla base della riluttanza a concedere queste misure a persone che si presentano con tali caratteristiche.”
Ribadiamo, pertanto, la necessità:
a) che vi sia una concreta presa di coscienza all’interno della magistratura dei limiti di compatibilità dell’esecuzione della pena detentiva con i principi fondamentali della Costituzione;
b) che vengano coinvolti gli enti territoriali e gli enti del terzo settore nella costruzione di percorsi che favoriscano l’inclusione sociale delle persone condannate
c) che sia resa effettiva una immediata e diffusa applicazione alle pene sostitutive attraverso il potenziamento degli uffici di esecuzione esterna della pena;
d) che sia avviata una seria politica di investimenti per le strutture sanitarie destinate al trattamento esterno dei soggetti psicologicamente fragili;
e) che sia ampliato l’uso del braccialetto elettronico come efficace forma di cautela alternativa alla custodia cautelare in carcere;
f) che siano implementate le opportunità di lavoro, di studio e di formazione professionale all’interno di strutture carcerarie, consentendo a tutti i detenuti di accedervi;
g) che sia assicurato un numero adeguato di operatori e funzionari giuridico pedagogici e mediatori culturali per assicurare un reale accompagnamento nel percorso trattamentale;
h) che sia assicurata una maggiore presenza dei magistrati di sorveglianza (primo interlocutore dei detenuti) all’interno delle strutture carcerarie, anche attraverso un incremento dell’organico
i) che il carcere resti l’ultima risorsa destinata all’esecuzione delle pene più gravi e trovi applicazione solo in strutture che garantiscano il rispetto della dignità umana e favoriscano una prospettiva di recupero del detenuto;
Torino 9 giugno – 2 luglio 2023
L’Esecutivo di Magistratura democratica
Hanno partecipato: Simone Silvestri (esecutivo di Magistratura democratica), Monica Cristina Gallo (Garante dei diritti delle persone private della libertà personale Torino), Michele Miravalle, (coord. naz. Osservatorio sulle condizioni detentive Ass. Antigone), Iolanda Ghibaudi (Associazione Antigone), Elio Sparacino (giudice Tribunale Asti), Giulia Casalegno (giudice Tribunale Torino), Fabiola D’Errico (sostituto Procura Torino), Giulia Locati, (giudice Tribunale Torino), Nicola Tritta (giudice del lavoro Tribunale Torino), Andrea Natale (giudice Tribunale Torino, esecutivo Magistratura democratica), Marta Lombardi (sostituto procuratore gen. Torino), Roberto Lamacchia (avvocato, presidente associazione nazionale Giuristi democratici), Davide Mosso (avvocato, Responsabile Commissione carcere Camera Penale Torino), Benedetta Perego (avvocato, osservatorio carcere Camera Penale Torino
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