
Elezioni Csm
Zaccaro: «La politica non ha le idee chiare. Il Csm sia protagonista»
Quarantacinque anni, giudice penale a Bari, Giovanni «Ciccio» Zaccaro è il più giovane candidato di Area in corsa per il Csm che si rinnova i prossimi 8 e 9 luglio. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente di ritorno da un tour di campagna elettorale per i tribunali della Calabria.
Dottor Zaccaro, qual è il messaggio-chiave che sta trasmettendo ai colleghi che incontra?
Cerco di dire che vogliamo restituire il Csm ai magistrati, ridando loro la percezione che non è cosa che riguardi solo le correnti, ma il presidio della nostra indipendenza e autonomia. Per noi di Area il prossimo Csm dovrà avere un ruolo da protagonista nel dibattito sulla giustizia. Un ruolo raziocinante di fronte a una politica in cui mancano le idee chiare: non solo nella maggioranza, ma anche nel Pd.
È una critica al consiglio uscente?
Non mi interessa questo genere di polemica. Il problema è che tutto il dibattito è schiacciato solo sulle nomine dei capi degli uffici. La gran parte dei magistrati, per ragioni anche comprensibili, non segue queste discussioni, regalando spazio solo a chi è interessato a quei ruoli. Ma il Csm fa molte più cose. Noi cerchiamo di suscitare più voglia di partecipare, perché solo con più massa critica si può esercitare più controllo sulle attività dei consiglieri. È vero che qualcuno vede il Csm come una controparte, ma è una percezione errata, frutto della comprensibile ansia dei colleghi che sono schiacciati dalla mole di lavoro e che sanno che il Csm giudica la loro professionalità. Il Csm non deve essere visto come un’entità da cui difendersi.
Alcuni vostri concorrenti si pongono proprio come difensori dei magistrati contro il Csm…
La vicenda di quei colleghi che si sono fatti organizzare a Roma una cena con i componenti laici del Csm per perorare la causa delle loro nomine a presidenti di tribunale spiega che non sono solo i consiglieri del Csm a fare un cattivo uso dei loro poteri, ma purtroppo ci sono anche magistrati che li sollecitano a soddisfare le ambizioni. Non esiste un vertice malato e un corpo sano, il Csm è la proiezione di quello che l’intera magistratura è, nel bene e nel male.
Due priorità per il prossimo consiglio?
La prima è investire di più nella trasparenza dei processi decisionali e nell’alfabetizzazione dei colleghi sull’ordinamento giudiziario. I magistrati devono conoscere meglio come funziona il Csm, seguirne i lavori in modo da poter criticare fondatamente le decisioni sbagliate e avere le informazioni di cui si ha bisogno senza dover ricorrere a canali informali. In questo modo si curano i mali del correntismo, salvando il principio che le correnti devono essere centri di elaborazione politico-culturale in grado di competere sulle idee, ad esempio su cosa si intenda per dirigente.
E Area cosa intende?
Innanzitutto i capi devono avere un profilo che sia adatto alle necessità. Un ufficio può aver bisogno di una persona con doti organizzative o con spiccate qualità di elaborazione giuridica, per esempio. Più in generale, gli uffici devono essere organizzati in modo democratico. Bisogna contrastare una deriva verticistica. La dirigenza, poi, non va intesa come premio alla carriera, ma come un servizio ulteriore. Il presidente deve lavorare di più dei colleghi, non di meno: se riusciamo a far passare questa idea, ci sarà meno carrierismo.
A proposito di capi, il Csm uscente ha prodotto la circolare sull’organizzazione delle procure.
Sì, un’iniziativa importante, assunta su proposta dei componenti di Area. Sfruttando al massimo gli spazi consentiti dalla legge, si ridà democrazia all’assetto delle procure che dalla riforma del 2006 sono diventate tendenzialmente gerarchiche, con il procuratore capo divenuto una specie di dominus. Il prossimo consiglio dovrà vigilare sull’applicazione della circolare per evitare che un capo possa togliere un fascicolo a un sostituto violando le regole che ci siamo dati. Lo potrà ancora fare, ma solo nel rispetto di una procedura in cui è salvaguardato il principio del contraddittorio e del progetto organizzativo di quell’ufficio.
Resta ancora da dire la seconda priorità.
La formazione. Esiste la Scuola superiore per i magistrati in servizio e non è una cosa marginale. Il fondamento della nostra legittimazione che risiede nella professionalità e nella formazione sta anche l’indipendenza dei magistrati. Quale sapere deve avere un giudice e un pm? Solo giuridico o contaminato da altre scienze sociali? Questa è una discussione che va portata nel Csm.
Lei in campagna elettorale ha girato il mezzogiorno: qual è lì la condizione della giustizia?
Spesso gli uffici sono composti da giudici e pm di prima nomina: sono la parte migliore della magistratura, quelli con più energie, idealità e che portano la giurisprudenza più innovativa. Il problema è che nei tribunali più isolati, in questo caso anche del nord, vanno i giovani perché non ci sono altri aspiranti. Le piante organiche sono inadeguate, e quindi i carichi di lavoro sono insostenibili. Nello specifico del sud, il contesto socio-economico conta moltissimo: la povertà spinge a fare cause anche per recuperare pochi soldi e quindi la richiesta di intervento della magistratura si gonfia. E il circolo vizioso fra carenze di organico e carichi di lavoro enormi non si spezza.
Da Il Manifesto, 30 giugno 2018
Intervista di Jacopo Rosatelli
https://ilmanifesto.it/la-politica-non-ha-le-idee-chiare-il-csm-sia-protagonista/
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